Mario Mandzukic e Zlatan Ibrahimovic. Due giocatori così diversi e così uguali. Entrami hanno indossato maglie di club gloriosi, entrami sono passati a Torino, nella sponda bianconera del Po. Ieri, con il suo gol alla Fiorentina, il terzo da quando è in Italia, Mandzukic ha eguagliato il numero di gol e di presenze dell'Ibrahimovic bianconero. Ambedue 92 presenze, ambedue 26 reti. Con una piccola differenza: l'attaccante croato è alla Juventus da poco più di due anni, un mese in più rispetto al passato del giovane Zlatan. E da un anno e mezzo, Mandzukic fa l'ala e non più la punta, cosa che faceva Ibra nel 4-4-2 di Capello. Differenze sostanziali ma che portano ad un unico, medesimo, risultato. Andando a scomporre questi numeri, notiamo come il croato sia molto più prolifico in Champions rispetto all'attaccante svedese. Sono solo tre i gol di Ibra nella massima competizione. Cinque quelli Mandzukic. C'è anche da dire che lo Zlatan Ibrahimovic della Juventus era ancora un talento acerbo che peccava molto nella costanza. Ma il suo talento era innegabile, tanto che i numeri complessivi vedono lo svedese aver sfondato il muro dei quattrocento gol.
Il Re Zlatan da un lato, l'Onnipotente Mandzukic (per citare una famosa pagina Facebook) dall'altro. La boriosità del primo contro la riservatezza del secondo. Il risultato? Idoli in campo e fuori. Proprio la riservatezza, questa qualità difficile da riscontrare oggi, ha permesso a Mandzukic di entrare nei cuori dei tifosi bianconeri. Pochissima attività social, zero interviste. Solo tanta abnegazione. Un cuore freddo, glaciale, ma completamente al servizio della causa bianconera. In una società 2.0 dove i social network sembrano essere fondamentali nella vita di ogni calciatori, per mostrare il suo nuovo taglio di capelli o tatuaggio o per cantare il tormentone del momento, Mandzukic appare come una vera mosca bianca. Mandzukic calciatore è diverso dal Mandzukic uomo. Ed a noi interessa solo il calciatore. La sua vita privata non ci appartiene. E va anche bene così. Memorabile il momento in cui si rifiutò di rispondere ad una domanda circa i suoi tatuaggi durante la conferenza di presentazione:"Non mi piace parlare di questo, credo sia irrilevante". Liquidato così il giornalista che provò ad indagare sulla sua sfera privata.
E pensare che molta gente storse il naso al suo acquisto. Ma a Mandzukic non interessa, non è mai interessato. Mario deve giocare, deve onorare il suo stipendio e la maglia che indossa, purchè ci sia rispetto reciproco. E così, lui prende per mano un'intera squadra, si sacrifica, cambia posizione in campo tornando a giocare ala, facendo ripiegamenti difensivi che difficilmente potrebbe fare un altro giocatore adattato. Abnegazione totale, per parafrasare Tzara ed il suo manifesto dadaista. Perchè in fondo Madzukic è l'emblema dell'abnegazione, del sacrificio e del sudore. Da punta, da esterno, da ala. Ovunque proteggi, Mario Mandzukic.