Uno stop inatteso più per le modalità con cui arriva che non per l'avversario che è stato incontrato. Il Milan torna suonato come un pugile sul ring dalla trasferta di Roma contro la Lazio di Simone Inzaghi. La sfida dell'Olimpico non esiste, tanto è la superiorità della squadra biancoceleste su quella di Montella. Quando poi arrivano anche le prime reti, il Milan si sfalda completamente, andando incontro ad un'imbarcata che ad un certo punto sembrava poter assumere contorni da playoff di Europa League, ma a parti invertite.
Eppure, i primi sospiri di partita sembrano poter essere interessanti per i rossoneri. Baricentro alto, giro palla veloce e terzini molto alti per cercare di allargare le maglie della difesa della Lazio, sempre schierate in maniera ottimale con un 5-3-2- difficile da penetrare tanto in mezzo quanto suoi lati. Il Milan però dura solo una decina di minuti, il tempo che serve a Simone Inzaghi per capire che cosa fare per far saltare completamente la tattica rossonera e schiacciare dal punto di vista mentale una squadra con pochissime certezze. La Lazio, invece, ne ha molte di più e le fa valere tutte in campo, dalla prima all'ultima. Immobile attacca di continuo la profondità negli spazi della linea a 4 difensiva del Diavolo che si creano fra centrale e terzino di riferimento, con gli esterni a tutta fascia Lulic e Basta che costringono Rodriguez e Calabria a non poter stare troppo stretti. Disastrosa, in particolare, la prestazione del sostituto di Conti sulla destra che non riesce mai ad uscire dalla centrifuga del pomeriggio romano.
La partita del Milan finisce sostanzialmente con il rigore, ingenuo, che Kessie regala ad Immobile. Da quel momento il Milan crolla di testa e sparisce completamente dal campo, con la Lazio libera di banchettare su quel che resta della squadra rossonera. Squadra, o meglio, al momento un insieme di buoni o grandi giocatori, perchè non si diventa più o meno bravi di quello che si è per una sola partita, che ancora non ha trovato il giusto amalgama e la giusta coesione. Non è forse un caso che nel post partita, da Montella passando per i giocatori, il concetto su cui si insista di più sia proprio questo. Tutto giusto e tutto vero, senza dimenticare gli errori tattici dell'allenatore rossonero. L'attacco è abulico e se è vero che Borini è l'unico giocatore che si muove senza palla è anche vero che con la palla fra i piedi l'ex Roma non si trova troppo a suo agio. Suso è stritolato da Lulic per tutta la partita e senza la sua inventiva, o senza nessuno che sia in grado di tentare la giocata oltre a lui, la situazione diventa molto molto complicata.
L'occasione per una reazione si presenterà fra pochi giorni con l'impegno in Europa League, ma è utopico pensare di poter risolvere tutto in appena tre giorni. Meglio fare un passo alla volta e allora per Montella la priorità sembra poter essere quella di ridare una scossa a livello mentale a tutto il gruppo. Senza testa non girano nemmeno le gambe e non si può nemmeno iniziare a parlare di tattica o di moduli, anche se la sensazione è che il 4-3-3 sia arrivato al capolinea con Montella sulla panchina del Milan. Questa squadra non può permettersi di abbandonare mentalmente le partite, soprattutto contro avversari di livello e più rodati nei meccanismi. Il rischio concreto, altrimenti, è quello di andare incontro a dei risultati che tutto farebbero, meno che aiutare il processo di creazione di un gruppo e di una squadra.