La prima giornata di campionato era attesa da molti per vedere il funzionamento del Video Assistant Referee, meglio conosciuto come Var. Il nuovo aiuto tecnologico a disposizione degli arbitri ha fatto subito il suo esordio nel match inaugurale assegnando un rigore al Cagliari che altrimenti non sarebbe stato segnalato, ponendo tutti di fronte alle migliorie che questo aiuto può portare. Nell'arco del weekend però c'è stato anche qualche errore e ad analizzarli ci pensa il nuovo designatore della Serie A, Nicola Rizzoli, che ha parlato di questa prima giornata sulle colonne della Gazzetta dello Sport.
"Metterei in evidenza subito un aspetto molto positivo e per nulla scontato: giocatori, allenatori, dirigenti e pubblico hanno accettato il cambio di alcune decisioni con grande serenità. E questo può solo far bene al calcio", esordisce così l'ex arbitro sulle colonne della rosea. In effetti non era così scontato che in un clima esasperato dalla polemiche e dai complotti come è quello italiano, i giocatori, gli addetti ai lavori e soprattutto i tifosi accettassero tutto facilmente. Invece così è stato e per fortuna, aggiungiamo. Tuttavia, però, c'è anche qualcosa che non ha funzionato ed è lo stesso Rizzoli ad ammetterlo: "Si è perso troppo tempo per controllare le azioni e questo ha rallentato il gioco. Recuperare i replay giusti è stato in alcuni casi più faticoso del previsto. Ci vuole pazienza, anche i tecnici strada facendo diventeranno più rapidi. Ma occhio, l’obiettivo è fare meglio, ma avere sempre più decisioni dell’arbitro e sempre meno dal Var".
Sì, perché in fondo la ragion d'essere del Var è quella di aiutare a mantenere un risultato corretto ed è proprio per questo motivo che lo si può utilizzare solo in caso di decisioni pesanti per lo sviluppo del gioco quali un gol, un rigore o un espulsione. Una partita interessata dall'utilizzo del Var è stata Inter-Fiorentina in cui Tagliavento ha prima atteso due minuti per fare battere un rigore, poi fermato per altrettanto minuti il gioco per il contatto Simeone-Miranda, senza però andare a guardare le immagini: "Il controllo va fatto, ma dovrà diventare silente. A Milano è passato troppo tempo e a quel punto per trasparenza era giusto renderlo pubblico - questo il pensiero di Rizzoli sul primo episodio -. Il protocollo prevede anche questa soluzione - continua l'ex arbitro parlando del secondo utilizzo del Var -, sicuramente Paolo avrebbe potuto anche andare al monitor, ma non sarebbe cambiato il risultato: quel contatto può essere interpretato in modo soggettivo e quindi non è un episodio chiaro, condizione essenziale per il ricorso alla tecnologia. Ma agli occhi degli spettatori il fatto che l’arbitro in campo vada a controllare il replay è più rassicurante. Perché è lui che decide, non il Var".
Il silent-check è arrivato per esempio a Bergamo, dove un fallo su Perotti appena fuori area è stato visualizzato e confermato dal Var, mentre a Bologna c'è stato un errore di giudizio vero e proprio: "C’è stato un errore da non fare a prescindere. Poi certo, con la tecnologia serve un minimo di accortezza. Sui gol c’è l’obbligo di visionare le immagini. L’assistente può e deve attendere lo sviluppo del gioco in area di rigore e una volta conclusa l’azione alzare la bandierina. Stessa cosa l’arbitro: se fischia non si può più usare la tecnologia e a Bologna è stato verificato se l'arbitro avesse fischiato prima o dopo del gol".
La novità del Var però non porta con sé la possibilità di sentire cosa dice l'arbitro, come accade nel rugby per esempio, anche se Rizzoli non esclude la cosa: "Al momento non è previsto, così come non possiamo divulgare tutte le conversazioniregistrate tra arbitro e Var. Ma c’è la massima collaborazione alla trasparenza: chiederemo alle tv di mandare subito in onda il replay usato dagli arbitri, mentre farlo negli stadi è più complicato perché non tutti sono attrezzati. E in futuro non è escluso che si possa parlare al termine della gara, ma sarà il presidente Nicchi a decidere".