Quella di Douglas Costa de Souza è una storia che ricalca molte altre storie di molti altri suoi connazionali. Il giovane calciatore brasiliano che si allena tra le strade del quartiere con il sogno di diventare il migliore al mondo. La città natale di Douglas è quella di Sampucaia do Sul, circa trenta chilometri a nord di Porto Alegre, con l'ultimo censimento di sette anni fa che registra il dato della popolazione a circa 131mila abitanti. Il quartiere di appartenenza dove nasce il 14/09/1990 e cresce fino ai 12 anni assieme alla famiglia e agli amici prende il nome di Cohab, nella zona nord-occidentale della città.
Su YouTube gira un breve documentario su di lui a cura del canale ufficiale della Bundesliga. Il video si intitola «Douglas Costa - Back to his Roots» e, tornando nei luoghi d'infanzia, raccoglie le dichiarazioni e le sensazioni della gente che ha segnato il percorso di crescita del giocatore. Nei quasi sette minuti di riproduzione si riesce a cogliere con una certa facilità il motivo del successo di Douglas: i consigli del padre e la determinazione mentale e fisica del ragazzo sono il connubio perfetto verso quel sogno coltivato da bambino.
«Vuoi giocare a calcio ad alti livelli? Bene, non devi né fumare né bere. Sono sicuro che il successo arriverà in fretta, devi solo essere pronto al momento giusto». Le parole di Antônio Valmor de Souza spronano ancora di più il figlio mentre lui provvede a dare un tetto sulla testa e da mangiare alla famiglia riciclandosi come meccanico industriale.
Periodo Gaúcho
Nel 2002, proprio a causa del lavoro del padre, Douglas con la madre Marlene, il fratello maggiore Stefano e le sorelline Amanda e Vitoria deve trasferirsi a Esteio. E' qui che inizia la scalata verso il mondo del pallone. A pochi passi dalla città si aggrega sporadicamente ad una squadra di futsal chiamata CEPE (Clube dos Empregados da Petrobras) mentre, al contempo, entra nelle giovanili del Novo Hamburgo. Non passa molto prima che cambi colore della casacca. Julinho Camargo, allenatore delle giovanili del Gremio, lo osserva ripetutamente e dichiarerà in seguito: «Godeva di eccellenti referenze, sapevamo già di che pasta era fatto grazie alle informazioni raccolte».
Douglas, dunque, approda nel settore giovanile della squadra della capitale indossando la maglia Tricolor. Le qualità proprie del ragazzino straripano come un fiume in piena e soltanto la normativa che vieta ai minorenni di lasciare il Paese gli consente di debuttare in prima squadra. Agli albori del diciottesimo anno, Douglas Costa esordisce nel Brasilerao contro il Botafogo grazie alla fiducia del tecnico Celso Roth, segnando addirittura il suo primo goal da professionista. Al minuto 32', il numero 32 raccoglie una respinta centrale della difesa e calcia ferocemente con il mancino trovando una deviazione che spiazza il portiere. E' la rete del momentaneo 1-1, una rete che avvia la rimonta (terminerà 2-1 per il Gremio) e fa esplodere di gioia Douglas.
Nel frammento, Douglas con il suo mancino scaraventato in rete, l'esultanza smodata con i compagni e l'abbraccio significativo all'allenatore Roth.
«La mia vita continua ad essere normale. Sicuramente, c'è qualche differenza rispetto a due settimane fa», confessa Costa pochi giorni dopo il debutto «Il mio passatempo preferito resta quello di stare in famiglia, mi piace anche giocare ai videogiochi e andare al centro commerciale ma dopo la partita con il Botafogo non me la spasso come prima». Un ragazzo con la testa sulle spalle, cercato sempre con maggior insistenza dai top club europei come i campioni d'Europa del Manchester United di Alex Ferguson. Il manager scozzese è ammaliato dal funambolo di Sampucaia e offre lui la possibilità di un periodo di prova in Inghilterra. Sia il giocatore sia il club declinano l'offerta.
Il Sub-20, la churrascaria e lo Shakhtar
Difficile, invece, declinare l'offerta che arriva qualche mese più tardi dallo Shakhtar Donetsk. Un matrimonio che si consuma in una notte, come quelli folli che si celebrano a Las Vegas con tanto di rimorso il giorno successivo. Nessun ripensamento da parte di Frank Henouda, letteralmente rimasto a bocca aperta dall'ammiccante performance di Douglas Costa al Mondiale Sub-20 in Egitto. Un fulmine a ciel sereno in una churrascaria di San Paolo. «Non era il giocatore per il quale eravamo in missione», afferma Henouda nell'intervista di ESPN. «Ero con due scout del club per guardare alcune partite nel giro di due settimane. Una di quelle sere, ci fermiamo a cenare in un ristorante di churrasco. C'è la televisione accesa. Uno dei due scout mi indica lo schermo dicendomi che sta giocando il Brasile».
Il churrasco si fredda, Henouda ha occhi solo per il numero 13 che ridicolizza la malcapitata Australia. Il giorno seguente i tre si presentano dal presidente del Gremio Duda Kroeff a San Paolo durante la Copa São Paulo de Futebol Júnior. In questo modo «siamo riusciti ad anticipare e chiudere prima dell'arrivo dell'Inter perché avevamo già una sostanziosa proposta», ha ammesso Henouda. Il trasferimento si concretizza nella sessione invernale, precisamente il 5 Gennaio 2010, per una cifra di circa 6 milioni di euro. E così, Douglas compie il grande salto, approdando nell'Europa orientale sotto la saggia guida di Mircea Lucescu.
Il goal di Douglas Costa nella famosa partita che ha freddato il churrasco a Frank Henouda.
L'adattamento nella nuova realtà non è affatto semplice sia dal punto di vista climatico sia dal punto di vista sportivo. Ad incidere nell'integrazione ci sono l'allenatore Lucescu, abile comunicatore e poliglotta (conosce italiano, inglese, romeno, russo e portoghese), e la folta colonia di connazionali composta da Fernandinho, Willian, Luiz Adriano, Alex Teixeira, Jadson e Ilsinho. Etichettato come "novo Ronaldinho" dai giornalisti, Douglas Costa se ne distacca immediatamente abbinando alla tecnica di base una grande propensione per il sacrificio e la tattica. Nelle mani di Lucescu compie sostanzialmente un processo di europeizzazione, passando dalla superficialità tecnica e atletica verdeoro alla continuità.
Gioca tanto. Vince tantissimo. Nei cinque anni e mezzo passati a Donetsk mette in bacheca cinque campionati consecutivi, 3 Coppe di Ucraina e 4 Supercoppe. Colleziona 202 presenze dimostrando di non essere un vero cecchino con 38 goal messi a segno (media di un gol ogni 5 partite giocate) e 40 assist. Nel 4-2-3-1 di Lucescu il brasiliano di Sampucaia può giocare indifferentemente sia a destra sia a sinistra, con una certa predilezione per il primo ruolo. In Champions League, contesto più rilevante e probante, gioca 34 partite con gli ucraini e segna 6 goal. Affronta anche la Juventus nell'edizione 2012/13 durante i gironi, racimolando un pareggio a Torino (1-1) ed una sconfitta nella Donbass Arena (0-1).
Le migliori giocate di DC nei trascorsi allo Shakthar Donetsk.
G di Guerra, G di Guardiola
La Donbass Arena rischia di diventare un cumulo di macerie nel 2014 quando bombe piovono dal cielo. La guerra del Donbass si combatte tra un movimento separatista ucraino che chiede l'unione alla Federazione Russa e il Governo ucraino. L'appoggio della Russia ai separatisti è totale con l'utilizzo dei bombardieri che recano danni alle infrastrutture costringendo lo Shakhtar ad allenarsi a Leopoli, 1200 chilometri a ovest di Donetsk. L'inquietudine, soprattutto, tra il gruppo di sudamericani cresce a dismisura. Dopo un'amichevole in Francia contro il Lione, Douglas Costa - insieme a Fred, Alex Texeira, Dentinho e Ferreyra, Taison e Ismaily - fa sparire le proprie tracce per non rientrare in Ucraina.
Qui l'intervento di Lucescu che accusa Kia Joorabchian, intermediario per il Sudamerica, di essere «un vero mafioso» mentre il presidente Rinat Akhmetov avverte i fuggiaschi: «Hanno obblighi contrattuali, saranno loro a rimetterci. Hanno tutti clausole alte e non facciamo sconti», ha detto. «Garantiremo la sicurezza ai nostri giocatori», continua il patron «ci piacerebbe giocare nella nostra città ma al momento non è possibile, giocheremo dove autorizzati dalla Federazione». Queste dichiarazioni rassicurano Douglas Costa che rientra in Ucraina e gioca per l'ultima stagione con la casacca arancio e nera.
Douglas, rigorosamente letto "dùglas", ha in Pep Guardiola un estimatore d'eccezione. Lo vuole nel suo Bayern 3.0 perché tecnico, abile nello stretto, agile e veloce, intelligente: un giocatore funzionale al suo modo d'intendere il calcio. «Guardiola mi parlò di Messi, dicendomi di non essere come lui perché lui era unico. Mi disse che avrei potuto fare cose che nessun altro avrebbe saputo fare», affermerà in un'intervista a Kicker ad un anno dal trasferimento in Baviera. «Sentii la fiducia dell'allenatore, mi ripeteva ogni volta che potevo fare la differenza». E' probabilmente proprio la fiducia la differenza tra le due stagioni trascorse a Monaco sotto la gestione Guardiola e quella Ancelotti.
Il Bayern Monaco acquista il giocatore nell'estate del 2015 per 30 milioni di euro. La prima partita ufficiale con la maglia rossa coincide con la prima giornata di Bundesliga. Contro l'Amburgo, il numero 11 viene schierato nel 4-1-4-1 largo a sinistra con Robben sulla fascia opposta. Il debutto nella cornice dell'Allianz è condito dal goal del 5-0 finale: mancino in buca d'angolo dalla mattonella destra del campo, spostato lì con l'ingresso di Gotze. Le mansioni che gli chiede Pep sono abbastanza chiare sin dall'inizio: ampiezza, ampiezza e ancora ampiezza. Il brasiliano esce quasi dalle inquadrature per stagliarsi sulla linea laterale del campo. Guardiola sfrutta lui e il lato debole con continui cambi di campo che regalano ghiotti 1vs1.
La prima gara ufficiale di DC nel Bayern è contro l'Amburgo: spettacolo e concretezza.
In stagione gioca 42 partite di cui ben 38 da titolare, realizzando in totale 7 reti. Affronta di nuovo la Juventus in Champions League, negli ottavi di finale, risultando decisivo a dir poco. Uno dei punti di forza di Douglas Costa è l'atletismo. Sempre su YouTube girano due documentari postati da 1x1SPORT.com: uno sulla sua vita a Monaco «Inside the life of Douglas Costa», l'altro interamente dedicato alla sessione di work-out. Il costante allenamento del proprio fisico diventa quasi un'ossessione per lui. Quando giocava male o non incideva in alcune partite ai tempi dello Shakhtar, tornava a casa ad allenarsi per ore fino a notte fonda. «Voglio dare il 100% allenandomi, voglio essere il migliore al mondo e se non riesco almeno ci ho provato», dice nel video Douglas.
Tempi difficili, poi la Juventus
Nella stagione seguente Guardiola lascia il Bayern per accasarsi al Manchester City. Vorrebbe portare con sé il brasiliano ma una clausola gli vieta di acquistare giocatori dal club bavarese, come spiega lo stesso Douglas a Globesporte.com: «Io al City? Impossibile, c'è una clausola nel contratto di Pep che gli impedisce di acquistare giocatori dal Bayern». C'è Carlo Ancelotti sulla panchina dei campioni di Germania ma il rapporto con il numero 11 non è abbastanza forte e duraturo per costruirci un futuro. Complici anche diversi problemi fisici, Douglas Costa gioca 34 partite di cui soltanto 18 dal primo minuto. Viene utilizzato praticamente sempre a sinistra in un 4-3-3.
Il rapporto si incrina nella seconda parte di stagione, Costa gioca sempre meno e in questa sessione di mercato si concretizza il suo passaggio alla Juventus. Lascia il campionato tedesco con alcuni dati raccolti da Opta davvero strepitosi come quelli nei cross: 160 totali nelle stagioni 2015/16 e 2016/17, 45 più di ogni altro giocatore. Oppure quelli nei dribbling, ben 148 che gli valgono il primato nella speciale classifica. Insomma, un giocatore che è oro colato per il 4-2-3-1 varato dai bianconeri sia per qualità tecniche che per duttilità. Il nuovo taglio di capelli con il simbolo di Flash dietro la testa rappresenta bene le proprie caratteristiche. La velocità supersonica di DC è pronta ad impressionare un altro Allianz, questa volta quello di Torino.
— JuventusFC (@juventusfcen) 12 luglio 2017