Punto fisso della nuova Roma di Di Francesco, importanti le parole di Edin Dzeko, che a Premium Sport ha parlato del suo passato e del presente, senza dimenticare un importante passaggio sulla situazione della sua Bosnia. La prima domanda rivolta al bomber, infatti, riguarda proprio la guerra che ha visto protagonista il suo Paese: "Quando ero bambino era un periodo disastroso per tutta la Bosnia - ha detto - Quattro anni di guerra non sono mai facili, io sono nato nell’86 e la guerra è iniziata nel 1991. Forse è stato un bene che fossi così giovane perché non capivo bene cosa stesse succedendo. Mio papà giocava a calcio, non era professionista ma mi ha trasmesso questa passione".
Una passione che, anno dopo anno, è diventata una professione, un percorso che lo ha portato ad essere uno dei più forti interpreti offensivi del calcio attuale: "L'inizio non è stato facile, in Bosnia non avevamo niente. Sono andato via di casa a 18 anni per la prima volta, mia mamma piangeva ma sapevo che sarebbe stata la scelta giusta. Io volevo imparare e diventare un professionista. E nei primi sei mesi mi ha messo a giocare come un trequartista perché dovevo imparare anche altro, non dovevo solo fare gol. Avevo firmato col Teplice che mi aveva dato in prestito in Serie B: dopo sei mesi mi hanno richiamato".
La decisiva svolta della carriera avviene nel 2007, quando passa dal Treplice al Wolfsburg grazie ad una precisa richiesta dell'attuale tecnico dei lupi, Felix Magath: "Dopo un anno e mezzo al Teplice ho fatto la mia prima gara in Nazionale, dove sono riuscito anche a segnare. Poi mi hanno detto che Magath mi voleva al Wolfsburg e il mister mi ha convinto ad andare in Germania. All’inizio è stato difficile, gli allenamenti era durissimi, pensavo di non farcela ma nella testa mi è scattata una molla: quando pensi che puoi farcela allora ci riesci, se parti battuto non riesci a fare niente. Il secondo anno è stato incredibile, io e Grafite abbiamo fatto più di 50 gol in due e siamo riusciti a vincere la Bundesliga che in Germania non era una cosa normale. Il Wolfsburg mi ha dato tutto, lì sono diventato un giocatore".
Chiusa l'esperienza tedesca, Dzeko è pronto per il grande salto, chiamato a Manchester sponda City da Mancini: "Mi ha chiamato Mancini che mi ha detto che mi voleva fortemente. E in quell’anno si vedeva che il City era una società che poteva crescer molto. Lì c’erano 22 grandi giocatori, la concorrenza era forte e non potevi sbagliare niente, neanche in allenamento. Poi in Inghilterra il campionato era diverso, vanno tutti velocissimi. Nei primi sei mesi ho fatto solo due gol, le prime partite le ho giocate tutte ma non ho fatto bene. Il secondo gol contro il Blackburn però è stato molto pesante e mi ha sbloccato". Passaggio inevitabile, poi, su Mancini: "Lui vuole sempre giocare in modo offensivo, non aveva paura a schierare le tre punte e per noi attaccanti questo fu importante".
Ed ora, alla Roma, con Dzeko pronto a vincere qualcosa: "Volevo venire in Italia, dopo le esperienze che avevo fatto. Qui a Roma c’era Pjanic, poi Sabatini mi voleva tantissimo e mi ha convinto. A Roma se vinci due partite vinci lo Scudetto, poi se ne perdi una va tutto male. Molti pensavano che sarei andato via ma io sono venuto qui per fare grandi cose, non sono il tipo che se ne va dopo un’annata fatta male. Volevo dimostrare di essere forte. Ho imparato molto dalla Serie A e molto anche da Spalletti, sui movimenti che un attaccante deve fare: come centravanti ho imparato più qui che in Germania e in Inghilterra. Il sogno adesso è vincere lo Scudetto con la Roma. Qui vivono per questa squadra. Ho vinto il campionato in Germania e in Inghilterra ed è stato bellissimo, ma vincere a Roma sarebbe diverso e più bello". Infine, un passaggio su Totti: "Mi ha fatto degli assist incredibili, il gol che mi ha fatto fare con la Sampdoria ha cambiato tutto".