"Da neopromossa dovevamo solo salvarci e programmare. Invece siamo saliti in A e penso che questa terra mi abbia dato le soddisfazioni più grandi".
Dallo Scudetto con la maglia del Napoli di Diego Armando Maradona - con gol decisivo contro la Lazio - alla promozione, storica, del Benevento in Serie A. La nuova casa di Marco Baroni, toscano di nascita, è la Campania, oramai seconda patria dell'ex difensore dei partenopei, adesso allenatore degli stregoni che approcciano alla massima serie dopo una cavalcata trionfale in cadetteria. Una stagione infinita, fatta di tantissimi alti - soprattutto ad inizio campionato e nei playoff - e di molte difficoltà, affrontate però nella maniera giusta per archiviarle nel modo migliore possibile. Questa, per Baroni, la chiave della promozione.
"La gestione dei momenti negativi fa la differenza. Lo dicevo ai ragazzi, ho lavorato molto sui dati in mio possesso: abbiamo perso partite giocando bene, quindi non vedevo crisi d’identità o difficoltà fisica. Vedi Cesena: uno dei primi tempi più belli, poi abbiamo perso 40. Ho detto: o ci disintegriamo o ci rafforziamo. Mancavano nove gare, non abbiamo più perso".
Tra gli altri segreti del Benevento neo-promosso anche una giusta alchimia tra esperienza e intraprendenza, senza dimenticare passione e competenza: "C’era entusiasmo, la società si è strutturata cammin facendo e molto vuole fare. Non partire con l’obbligo di vincere, come aveva in Lega Pro, ha aiutato. Io però sono ambizioso e ho trasferito questo sentimento alla squadra. Come i playoff: si giocano per vincere». Parliamo dei «dati in suo possesso". Un cammino legittimato dalla qualità del gioco espresso dai ragazzi di Baroni, che parla così delle statistiche messe assieme dai suoi: "Le cito alcuni indicatori di gioco: siamo stati i primi per tiri verso la porta e nello specchio, per supremazia territoriale, per tempo effettivo di gioco e per avversari messi in fuorigioco; secondi per azioni offensive, per possesso palla, per numero medio di passaggi riusciti, per numero di dribbling riusciti e per numero di cross. E sesta miglior difesa, ma saremmo stati la migliore per gol subiti su azione: sui calci piazzati la fisicità ci è costata qualche gol".
Uno sguardo, inoltre, anche alla carriera da allenatore di Baroni, che adesso sembra pronto e maturo alla prima esperienza in A: "Prima della B ho fatto la Lega Pro, la Primavera al Siena e alla Juve: il primo trofeo di Andrea Agnelli è stato il nostro torneo di Viareggio e lui me l’ha ricordato. Ogni cambio ha la sua storia. Fosse per me, metterei le radici per dare continuità. Farlo a Benevento? Mi piacerebbe: ne discuteremo con il presidente Vigorito. Se rimango non è perché non ho altra scelta: ci deve essere un progetto che io sento. Fino alla fine dei playoff non ho voluto parlare con nessuno, ma il Benevento ha la priorità. Il rapporto con lui? Il giorno che ci siamo conosciuti io avevo una maglietta rossa e lui una camicia gialla: era segno del destino. Anche nei momenti difficili non ci ha fatto mancare il sostegno".
Un breve passaggio anche sull'importanza dell'apprendistato alle spalle di Antonio Conte, con il quale è ancora in contatto: "Quanto è stato importante per la mia crescita? Tantissimo. Sono diventato più martello: il tempo della gioia dura poco, dopo 5’ pensi già a come vincere la prossima partita. Mi ha telefonato per farmi i complimenti: mi ha fatto piacere, così come le chiamate di Marotta e Paratici". Ed infine, una battuta sui punti di forza che il Benevento può avere al primo appuntamento con la A: "Ha un presidente forte che può sedersi al tavolo dei grandi senza remore. E ha uno stadio che con 18mila spettatori può essere un punto di forza".