Il tasso di adrenalina nel sangue sta salendo sempre di più, di giorno in giorno, finché sabato non ci sarà la possibilità di sfogare, o in gioia o in delusione, tutta questa tensione accumulata dal 6 giugno 2015, quando la Juve credette per almeno dieci minuti di avere tra le mani il triplete. Il triplete vuol dire scolpire sulla propria maglia il trittico Scudetto, Coppa Italia, e Champions League, è soltanto un traguardo simbolico, ma chi lo fa entra nella leggenda con un tuffo ad angelo.
Nel 1998 la Juve non sfiorò il triplete, anche se quella versione dei bianconeri faceva davvero paura, con un Del Piero in fiore ma già devastante e uno Zidane che rendeva il campo verde il palcoscenico di un illusionista. Quell’anno i bianconeri persero la Champions, ma è probabile che il francese rimase comunque contento con la vittoria di Coppa del Mondo e Pallone d’oro. La Juve sfiorò il triplete soltanto due anni fa quando affrontò un Barcellona troppo forte per le loro aspettative, ma questa è un’altra storia.
Torniamo invece alla finale del ’98, in cui si incontrarono la Juve che veniva da due finali di Champions consecutive, una vinta e una persa, e il Real che all’epoca non giocava una finale da 17 anni e non la vinceva da 32.
Il Real Madrid di Jupp Heynckes passò facilmente il girone con Rosenborg, Olympiakos, e Porto, mentre alle fasi eliminatorie trovò ben due squadre tedesche, prima il Bayer Leverkusen, poi i campioni in carica del Borussia Dortmund, che vennero eliminati con una vittoria di 2 a 0 all’andata al Bernaubéu e un ritorno di amministrazione, chiuso a reti inviolate, al Westfalenstadion.
All’epoca sulla panchina bianconera vi era Marcello Lippi che riuscì a passare ai quarti di finale sul filo di lana, concluse il girone con Manchester Utd, Feyenoord, e VSS Košice, e accedette ai quarti su ripescaggio insieme al Bayer Leverkusen come migliore seconda. La Juventus fu scelta a discapito del PSG per una migliore differenza reti. Poi i bianconeri affrontarono la Dinamo Kiev e il Monaco prima di accedere alla finalissima dell’Amsteredam Arena.
La coincidenza del Monaco in semifinale e il Real in finale può già creare un’aura negativa intorno alla Juventus, ma non bisogna già credere che il destino abbia riservato ai bianconeri la stessa sorte. Quella del ’98 era Juve che veniva da tre anni in cui in Europa aveva imposto la propria potenza, mentre quest’anno per la prima volta troviamo una Juventus consapevole della propria forza e che non viene più trattata come lo zimbello d’Europa. Le probabilità di vittoria quest’anno sono bilanciate al 50 e 50 tra Juve e Real, invece il 20 maggio 1998 la bilancia pendeva dalla parte bianconera, che dieci giorni prima avevano inanellato il venticinquesimo scudetto e sostava al primo posto del Ranking UEFA; il Real terminò quell’anno una stagione altalenante, quarto posto in Liga, ma finalista di Champions. Quindi, per ricavare la morale, la finale verrà di sicuro decisa da quello che hanno fatto, vinto, perso durante la stagione.
La gara
I primi minuti della partita vengono dettati dalla Juventus che si rende pericolosa soprattutto con Zinedine Zidane che fa da geometra in mezzo al campo e sfiora il gol su calcio di punizione. Dopo la mezz’ora il vettore di gioco cambia e ora sono i blancos a far paura e tra i protagonisti figurano Raùl e Roberto Carlos. Nella ripresa la Juve sembra faticare e né Pippo Inzaghi né Del Piero, capocannoniere di quest’edizione della Champions League e infortunatosi durante la finale, ricevono palloni buoni. Approfittando di questa stasi tattica dei bianconeri, al 67’ il Real si porta avanti con un gol di Predrag Mijatovic, gol in sospetto fuorigioco e scintilla di un enorme discussione. Un minuto dopo Inzaghi ha l’occasione per riportare il risultato in parità, ma spreca malamente l’assist di Del Piero. La Juve ci riprova con Edgar Davids che a un quarto d’ora dal termine batte all’altezza del dischetto, ma il tiro viene neutralizzato dal portiere madrileno Bodo Illgner. Gli ultimi minuti sono quindi tutti con la Juve in attacco, tuttavia ogni tentativo è vano e il Real Madrid riesce a mantenere il vantaggio e a vincere la sua settima Champions League dopo ben trentadue anni.
Fu una partita decisa da una decisione arbitrale, e la forza tecnico-tattica non servì molto alla Juventus per surclassare il Real. Dunque bisogna aspettarsi di tutto dalla partita di sabato con la consapevolezza che fare paragoni tra attacchi e difese vale a poco, ma si tratterà quasi di una vera e propria ordalia.