"Vincere la Champions vorrebbe dire molto per me. Sarebbe la gioia più grande della mia carriera insieme al mondiale del 2006, perché sarebbe una ricompensa per il lavoro duro svolto in questi anni".

Non usa giri di parole Gianluigi Buffon, per descrivere il sogno - o meglio, essendo i tempi maturi - l'ambizione di alzare la Champons League con la sua Juventus. Domani sera il numero uno difenderà i pali nella semifinale di ritorno contro il Monaco, ultimo ostacolo da superare per accedere poi alla finale di Cardiff, in programma il 3 giugno. Una sfida che, come racconta a Uefa.com, il portiere e i suoi compagni non hanno mai sottovalutato.

"Durante il loro match sul campo del Manchester City, intorno alla mezz'ora, scrissi a uno dei nostri dirigenti, dicendogli che sarebbero potuti  arrivare in finale. Questo dimostra il rispetto che abbiamo per loro. Giocano un calcio propositivo e hanno giocatori di qualità. Sappiamo che se vogliamo fare un altro passo verso la vittoria della Champions, dobbiamo superare un ostacolo che sarà difficile, come lo è stato il Barcellona, in termini calcistici".

Vincere, sì. Qualificarsi, sì. Ma non fare il passo più lungo della gamba, ovvero non festeggiare prima di aver portato a termine con successo il proprio percorso, così come Buffon non ha ecceduto con la gioia dopo aver battuto il Barcellona. "Dopo la gara di ritorno ero molto contento, ma non ho festeggiato troppo, perché prima di permettermi di festeggiare voglio acciuffare la vittoria".

L'esperienza, d'altro canto, racconta di due finali perse per il portiere classe 1978, giunto agli sgoccioli della sua carriera: "Quando guardo indietro, la mia motivazione aumenta", spiega, raccontando poi il suo punto di vista sulle due delusioni all'ultimo atto. "Nel 2015 perdemmo quando il Barcellona era in difficoltà, concedendo un gol in contropiede. Perdere ai rigori nel 2003 (contro il Milan, ndr) fece male, ma ero tranquillo, perché ero convinto avrei avuto l'opportunità di rivincere. CI sono andato vicinissimo in quell'occasione, parai anche due rigori, ma non bastò".

Spazio, infine, anche per guardarsi alle spalle, pensando alla propria lunga carriera, attraverso oltre cinquant'anni (indirettamente) di storia del calcio: "Quando è nato Mbappé, io avevo già giocato i mondiali di Francia. Questa è la cosa divertente nell'avere una carriera così lunga: incontrare giocatori che non erano nemmeno nati quando già si era intrapreso un pezzo del proprio cammino. Ho attraversato tre generazioni. Quando ho iniziato a giocare, stavo con calciatori nati alla fine degli anni '50 e negli anni '60, finirò con ragazzi nati dopo il 2000. E' bello sapere che sto giocando con i Messi, i Ronaldo, i Neymar del futuro, perché tra dieci anni, quando io mi sarò ritirato, saranno stelle affermate, e io mi ricorderò di averli affrontati all'alba della loro carriera".