Allenare una squadra come la Juventus non è un gioco da ragazzi. Ancora peggio, oltre all'aspetto puramente tecnico, è avere a che fare con un contesto come quello bianconero degli ultimi anni, fatto da critiche alla prima partita nemmeno persa, ma anche soltanto affrontata con l'atteggiamento sbagliato. In un'intervista di parecchi mesi fa, Patrice Evra - adesso al Marsiglia - lo aveva detto bene: "Se pareggiamo una partita è un dramma, se perdiamo sembra che è morto qualcuno". Trovare l'equilibrio giusto fra la testa dei calciatori e le aspettative dell'ambiente è uno dei tanti compiti che per definizione si affida al tecnico di una squadra di calcio. Ed in questo, Massimiliano Allegri è maestro.

L'allenatore, già dai suoi trascorsi a Milano, riceve di continuo critiche per quello che riguarda l'aspetto tattico: libere - per carità - ma smentite con altrettanta continuità dai risultati. Magari un fondo di verità c'è: parliamo comunque di un difensivista che conta molto sull'apporto dei singoli in avanti, talvolta anche a scapito del "bel gioco" che rimane comunque un ideale parecchio vago e - salvo casi eccezionali - quasi mai vincente. Ma il punto forte dell'essere Massimiliano Allegri non riguarda certo la parte tecnica; questo risiede prima di tutto in uno spirito che il livornese ha inculcato perfettamente nella Signora, guidando di fatto tutto lo spogliatoio verso l'unico obiettivo del successo finale. Allegri pare riesca a sedurre chiunque passi dalle parti di Corso Galileo Ferraris all'unico culto della vittoria.

Analizzare la vera forza della Juve diventa davvero un problema a questo punto, perchè corrisponde ad entrare nei meandri degli schemi logici del tecnico bianconero. Possiamo aiutarci coi numeri: il primo, fondamentale dato è che di fatto Madama in casa vince sempre. Va bene l'apporto dell'impianto che sicuramente fa un po' tremare le gambe agli ospiti, ma nei confini nazionali c'è qualcosa che va evidentemente oltre: per fare un esempio, il Napoli approccia la partita meglio al Bernabeu rispetto che allo Stadium, dove Allegri ha instaurato una forza in grado di attrarre gli episodi sempre dalla parte bianconera. Una forza sorretta in campo da giocatori come Bonucci, Chiellini o Mandzukic, che fa diventare una belva chiunque finisca a giocare a Torino - parola di Luciano Spalletti - e non ha un pari in Serie A. Lo stesso Higuain ha iniziato a sacrificarsi per la squadra di più - molto di più - da quando è sbarcato in Piemonte.

Questo va di certo unito ad una consapevolezza non indifferente. La personalità mostrata nelle trasferte di Champions League (Quattro vinte ed una pareggiata, al Camp Nou, senza subire gol) è stata uno dei punti cardine della cavalcata europea sin qui serena dei penta-campioni d'Italia. Qui Allegri ha dovuto costruire su un piano più umano, ha dovuto più che altro convincere i suoi giocatori di essere fortissimi. Adesso la squadra affronta ogni avversario guardandolo con una sorta di arroganza che, unita al solito massimo rispetto che faceva parte della mentalità bianconera sotto il regime di Conte, si è trasformata nel manuale perfetto della squadra che sa vincere dominando, ma anche senza superare la metà campo per più di 3 volte.

Il cerchio poi si chiude col talento. Perchè questi discorsi, senza la capacità di sbloccare una gara segnando direttamente da calcio di punizione, sono congetture distanti e di scarso utilizzo. Ovviamente messa a disposizione del sacrificio, l'attitudine a spaccare di certi giocatori diventa una componente troppo importante per non essere menzionata. Il trionfo di Madama è anche di Dybala, di Pjanic, di Cuadrado e di Dani Alves, soprattutto quando fermano un contropiede avversario in scivolata e poi giocano il pallone a 60 metri di distanza.

Nella sintesi, basta prendere uno qualsiasi degli straripanti numeri juventini e lo si può ricondurre ad un progetto centrale che vede il tecnico bianconero ed il club cercare la strada per la vittoria finale prima di tutto sotto un aspetto puramente mentale. La Signora è alle semifinali della Coppa Campioni e vede il triplete molto da vicino, per la seconda volta in tre anni. Qualcosa vorrà dire. Non sappiamo con certezza se il rapporto fra Allegri e la Juventus proseguirà nei prossimi anni: ad oggi, sappiamo che alla fine, di sicuro, ci avranno guadagnato entrambe le parti.