La Juventus di Allegri chiude il primo leg contro il Barcellona con un tondo 3 a 0, coronamento di una prestazione sontuosa e di una preparazione tattico-psicologica ai limiti dell’immaginabile. Ma, come ci ricordano i protagonisti bianconeri durante l'avvicinamento alla gara di ritorno, la qualificazione non è assolutamente cosa fatta. La Juventus avrà un consistente vantaggio, che di certo sarà determinante nell’economia del risultato finale, ma che non consente di fare troppi calcoli: la seconda sfida si terrà infatti al Camp Nou. Il Barcellona, proprio in questo campo, è riuscito nell’epica impresa di rivoltare un pronostico che pareva un indubbio verdetto, dopo il 4-0 dell’andata subito per mano del Paris Saint-Germain. Ma cos’ha di speciale, questo Camp Nou? 

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Innanzitutto, chiariamo una cosa: il mito popolare che pubblicizza la fallace tesi che le misure di questo terreno di gioco siano dilatate rispetto alla norma, è del tutto erroneo. Lunghezza e larghezza del Camp Nou sono paritarie a quelle dello Juventus Stadium, o San Siro: 105 x 68 m. Per essere precisi, ci fu un periodo nel quale il campo del Barcellona era in effetti estremamente prolungato ed esteso: al tempo in cui a sedere sulla panchina dei blaugrana era il compianto Johan Cruijff, ad inizio anni 90, quando il Camp Nou misurava 107x72. Una scelta precisa del tecnico olandese, che contava sugli spazi ampi per sfruttare la velocità dei suoi uomini, Hristo Stoichkov su tutti.

Sono quindi terminati i tempi in cui una squadra può giostrare le misure del proprio campo a piacimento, dato che FIFA e UEFA, per un incontro ufficiale, pretendono le sopracitate misure standard, per evitare favoreggiamenti o disparità di qualunque natura. La decisione fu definita all’International Board, nel 2008, a Gleneagles (Scozia). Anche se, mentre si assiste ad una partita del Barcellona al Camp Nou, in effetti a volte possiamo avere la percezione che si giochi in un prato estremamente voluminoso. Merito dell’occupazione spaziale dei giocatori in casacca azulgrana, che da molti anni a questa parte ci hanno abituati alla loro singolare attitudine di sfruttare l’ampiezza del campo da gioco, per incrementare lo spazio tra le maglie di uno stesso reparto avversario. 

La vera arma in più, quindi, non risiede nelle misure del terreno di gioco. È più plausibile che sia riconosciuta nella capacità dello stadio, addirittura primo nella classifica degli stadi più capienti d’Europa, con 99.354 posti a sedere (davanti a Wembley, 90.000 e al Santiago Bernabèu, 85.454). Durante i match casalinghi del Barça viene a crearsi un’atmosfera unica, si viene pervasi da un’aura quasi surreale, che da una parte favorisce decisamente una fazione, e dall’altra va a minare qualsiasi forma di sicurezza e audacia precedentemente acquisite.

 

Sarà una gara che va oltre alla semplice e naturale preparazione tattica. Per chi viene ospitato in questo enorme bacino ellittico, la variabile fondamentale è non farsi prendere dal panico. La palla la tengono i padroni di casa, è inevitabile. Sarà necessario rimanere concentrati, dentro la partita, cercare di isolarsi dalla rappresa atmosfera che ti circonda, che ti attanaglia la gola, quasi fino a privarti del respiro. Ci saranno momenti spasmodici, in cui ansimare sarà il minimo, ma non bisogna cedere al richiamo di questo tempio, similmente al PSG qualche settimana fa. Umiltà, sofferenza, intelligenza, imperturbabilità. Queste sono le parole-chiave per un collettivo che tra due giorni, in quel di Barcellona, si gioca una fetta importante del proprio futuro, con uno sguardo anche al passato.