Sono giorni decisivi in Lega Calcio: in un'assemblea sostanzialmente spaccata dai quattro tentativi (falliti) di eleggere un nuovo presidente successore di Maurizio Beretta, c'è un altro tema scottante che arriva sui tavoli di via Rosellini 4 a Milano. È quello dei diritti tv: c'è da decidere, infatti, chi e come (le cosiddette linee guida) dall'Italia e dall'Estero, potrà partecipare al bando per assicurarsi i diritti di trasmissione audiovisiva delle competizioni organizzate dalla lega stessa (Serie A, Coppa Italia, Supercoppa e gli equivalenti a livello di campionato Primavera).

La situazione non è delle più semplici: l'Antitrust ha già bocciato la prima proposta, due mesi fa, considerata troppo vaga e non adatta a garantire trasparenza e ad evitare eventuali favoritismi o discriminazioni. La Lega, dal canto suo, aveva sollevato l'obiezione (sensata) che rendere pubbliche troppe informazioni riguardo alle linee guida del bando avrebbe svalutato i pacchetti in palio ancora prima dell'apertura della gara.
Per questo, i vertici del calcio nazionale non si sono rivolti al TAR del Lazio con un ricorso (evitando i lunghi tempi di attesa burocratici) ma hanno intavolato, con massima riservatezza, una trattativa direttamente con i rappresentanti del Garante per la Concorrenza ed il Mercato. Per domani, quindi, è attesa una nuova proposta che dovrebbe passare ogni vaglio e aprire la strada (possibilmente con un presidente eletto, al fine di evitare un commissariamento da parte della FIGC) alle aste per i vari pacchetti del servizio garantito dall'advisor Infront.

Ma, in concreto, di che pacchetti si parla? E chi se li potrebbe aggiudicare? La tendenza sembrerebbe quella di scartare una proposta di esclusive per un solo concorrente (sul modello della Premier League) considerato anche che le forze in campo sono pochissime, per continuare sulla linea del triennio 2014-2017, che ha visto una distribuzione più equa tra Mediaset Premium e Sky, con la rete di Fininvest ad aggiudicarsi l'esclusiva sui contenuti "accessori" (come riprese negli spogliatoi e interviste all'intervallo), mentre il colosso di Murdock dal canto suo si è assicurato tutti gli scontri diretti tra le 12 squadre "minori" del campionato. Ad oggi, però, Premium sembra in netta crisi, con l'azzardo dell'esclusiva Champions League (molto oneroso) che non ha dato i frutti sperati in termini di abbonamenti, ed il recente tentativo di scalata interna del francese Vivendi. Dato il caos in Lega l'ipotesi di una Pay Tv "autonoma" è assolutamente da scartare, quindi Sky Italia rischia seriamente di essere l'unica emittente satellitare in corsa per il pacchetto di trasmissioni che riguardano l'Italia. Qualche voce riguarda anche Discovery, che potrebbe provare a piazzare nella lotta il suo Eurosport, ma un investimento consistente in questo campo non è da considerare realisticamente.

Considerata anche questa situazione, un settore su cui i club di A vorrebbero puntare forte è la vendita dei pacchetti all'estero, soprattutto nei paesi asiatici (sempre in coda a quanto fatto in Premier), ma quello italiano è da diversi anni un campionato molto poco appetibile al di fuori dei confini della penisola. A riguardo, un tentativo potrebbe essere fatto amplificando l'effetto "spezzatino" (sostanzialmente un weekend con 10 partite in almeno 8 orari diversi), ma la sensazione è che senza una corposa rivoluzione degli stadi, sempre più vuoti, e del calendario, sempre più propenso a fornire partite senza nulla in palio, ci sia poco da fare. Scartata anche l'idea di trasmettere in chiaro una partita a settimana,  l'obiettivo sarebbe quello di sforare un miliardo di euro di incasso, per arrivare addirittura a 1.400.000.000, ma al momento sembra abbastanza utopistico e somiglia più ad un sogno che ad una previsione. Anche sulla divisione interna dei ricavi, però, è quasi guerra: attualmente il miliardo netto di incasso viene suddiviso tra le 20 società in questo modo: 40% in parti uguali, 30% in base ai tifosi (25% bacini d’utenza e 5% popolazione), 30% secondo i risultati sportivi, ma le medio-piccole hanno chiesto con forza una ripartizione diversa (50% in parti uguali, 20% secondo i tifosi). Le differenze percentuali sono minime, ma ballerebbero diversi milioni di euro (solo la Juventus, ad esempio, ne perderebbe 15) e tutti gli altri club sembrano continuare a far muro, in una situazione sempre più rovente.
Ne sapremo di più domani, ma soprattutto tra un paio di mesi, quando anche la UEFA metterà le sue carte sul piatto, per un triennio (2018-2021) che vedrà quattro italiane in Champions League. La possibilità di fare en plain per Sky Italia, sfruttando anche il vuoto alle sue spalle in questo settore, è concreta.