Un ritorno all'Olimpico, per un derby del cuore. Federico Peluso e il suo Sassuolo questa sera saranno ospiti della Roma, nel posticipo della ventinovesima giornata di Serie A. Per il difensore, con un passato nella Lazio (e non solo un passato, ma anche con un pezzo di cuore biancoceleste), la gara è speciale, e lo spiega alla Gazzetta dello Sport in una lunga intervista.

"Di certo non è un sfida come le altre. L’Olimpico è stato sempre il mio stadio e poi in tribuna avrò tanti parenti e amici", afferma il difensore, che poi guarda al proprio passato e all'addio ai biancocelesti, raccontando anche un retroscena di un mancato ritorno: "Avevo 16 anni e quando la Lazio mi lasciò andare dopo 9 stagioni, pensavo che finissero tutte le grandi speranz. Ebbi la forza di andare lontano da casa, a Vercelli. Avevo il mito di Nesta e ho vissuto da vicino il periodo di Cragnotti. Una volta, quando ero all’AlbinoLeffe, sono stato vicino a tornare in biancocelesto, ma proprio per la voglia che avevo commisi l’errore di andare nella sede del calcio mercato. Il d.s. dell’epoca mi spiegò che così non si faceva, bisognava lasciar lavorare il procuratore. Fu controproducente, ma andò così".

Niente Lazio, ma Juventus. Dopo gli anni in quel di Bergamo, tra AlbinoLeffe ed Atalanta, il grande salto in bianconero: voluto da Conte, Peluso trascorre un anno e mezzo a Torino, vincendo anche due scudetti e mantenendo un ricordo positivo dell'esperienza, come lui stesso spiega, con un pizzico di rimpianto: "Ho un po’ 'subito' quella maglia. Avrei voluto avere più consapevolezza dei miei mezzi. Con la testa di adesso forse sarebbe stato un rapporto più lungo. Mia moglie è tifosa della Juve, per farle dispetto le dicevo sempre: 'Non ci andrò mai'. Invece quando mi chiamarono ci andai di corsa...".

Il presente si chiama però Sassuolo, una squadra con meno campioni, ma che ha sognato in grande l'anno scorso, con la conquista dell'Europa League. Il classe 1984, uno dei veterani della compagine, manda anche un messaggio a Berardi e Pellegrini, forse i due talenti più limpidi dei neroverdi: "Calcisticamente sono pronti, ma per diventare campioni occorre esserlo a 360 gradi. Direi loro di decidere col cuore e non con la testa. Ma di una cosa sono certo: non sarei sorpreso se presto vedessi tanti miei compagni del Sassuolo andare in Nazionale. Sono forti e finalmente per i giovani italiani sta cambiando il vento".