I saggi dicono che alla fine tutta la vita si riduce ad una sola storia, la più antica, quella tra la luce e l’oscurità, e forse il kolossal tra Juve e Inter può benissimo simboleggiare questa storia, dove però l’ardua scelta di assegnare chi sia la luce e l’oscurità la rimandiamo all’esimio lettore. Arriviamo da un’epoca in cui abbiamo visto scontrarsi maestri dell’arte pedatoria come Platini e Rummenigge, e siamo all’alba dei meravigliosi anni novanta, meravigliosi perché in questi anni la Serie A raggiunge il suo massimo splendore in Europa, che sia Coppa dei Campioni o Coppa UEFA poco conta, vinciamo tutto. Al vertice delle dirigenze delle squadre italiane più titolate ci sono dei cambiamenti, la Juve dà il benvenuto alla Triade Bettega-Giraudo-Moggi, mentre il presidente nerazzurro Ernesto Pellegrini passa il testimone al figlio di Angelo Moratti, Massimo.
Negli anni novanta, Juve e Inter si avvalgono di cinque trofei europei (tre Coppa UEFA per l’Inter e una per la Juve più una Coppa dei Campioni), anche se collezionano tre finali europee perse (una in Coppa UEFA per l’Inter, due in Coppa dei Campioni per la Juve). A ogni modo il Derby d’Italia non avverrà mai in un’aura europea, ma solo in campo nostrano. La lancetta del bilancio delle sfide pende verso la parte bianconera, con 14 vittorie contro 5 dell’Inter, in aggiunta 6 pareggi. La prima metà degli anni novanta vede una presenza speciale nel Derby d’Italia che riporta al nome e cognome di Roberto Baggio, per gli appassionati Raffaello, Pallone d’oro nel ’93. Baggio vestirà anche la maglia nerazzurra dal ’98 al 2000, ma la sua esperienza a Milano non sarà rose e fiori, causa brutti rapporti con gli allenatori, in primis Marcello Lippi, per il quale il Divin Codino divenne la sesta (cioè ultima) scelta nel reparto offensivo nerazzurro.
Nella sua storia il Derby d’Italia viene a riempire pagine importanti soprattutto nell’annata 1997-1998 – Torino, Stadio Delle Alpi, 26 aprile 1998, Juventus-Inter. Siamo a quattro giornate dalla fine del campionato, sembrerebbe una partita decisiva visto che la Juve è prima in classifica, mentre l’Inter sta a un solo punto di distanza. Nel primo tempo Del Piero fa un gol magistrale che porta la Juve in vantaggio, al 25’ del secondo tempo, però, su un lancio lungo si avventano Ronaldo e Torricelli, la palla viene raccolta da Zamorano che appoggia a Ronaldo, Ronaldo entra in area, ma trova Iuliano. Ostruzione, l’arbitro Ceccarini non fischia nulla e fa continuare il gioco. Qua si aggiunge un corollario al paradosso del gatto di Schrödinger, che enuncia che lo scontro tra Ronaldo e Iuliano comporta un fallo contemporaneamente di Ronaldo e di Iuliano, fallo di ‘sfondamento’ (definizione più corretta per la pallacanestro, ma è giusto per intenderci) per Ronaldo, fallo in area di Iuliano (non di ‘ostruzione’ come dirà la sera stessa Pistocchi) dunque rigore. Fin qui tutto bene, può capitare che un arbitro non fischi un rigore, ma il dilemma si inasprisce quando Torriccelli spazza la palla che fa partire un contropiede gestito da Davids, che manda Zidane sulla sinistra, Zidane per Del Piero, ma West sfodera un intervento che atterra in area Del Piero, questa volta è rigore. Questo fischio spacca in due la storia del Derby d’Italia, prima il rigore di Iuliano, dopo il rigore di Iuliano. Gli interisti contesteranno la vittoria del campionato dei bianconeri per quel rigore.
Tuttavia i conti sospesi vennero risolti qualche anno dopo, quando alla Juve vennero revocati due scudetti, di cui uno assegnato a tavolino all’Inter (ironia della sorte).
Quattro anni dopo, nella stagione 2001/2002, l’andata e il ritorno del Derby d’Italia si conclusero con un pareggio in entrambi le occasioni, ma è il testa a testa per il primato tra Juve e Inter che entusiasma il campionato, ed è proprio all’ultima giornata che la Serie A raggiunge uno dei maggiori tassi di epicità. L’Inter è in cima alla classifica, vincere con la Lazio all’Olimpico significa cucirsi il gagliardetto tricolore sulla maglia, perdere significa lasciare la gloria agli acerrimi rivali. La Juve gioca a Udine, e vince con scioltezza 2 a 0, mentre a Roma è una partita che recita Poborsky, Poborsky, Simeone, Simone Inzaghi, risultato finale 4 a 2 per la Lazio. È il 5 maggio, una data che a quanto pare ispira molta poesia, e il pianto di Ronaldo è ciò che meglio descrive quella domenica di primavera, visto con sentimenti opposti dalle due tifoserie rivali.
La storia del Derby d’Italia non finisce qui, ma continua attraverso tappe che vale sempre la pena ricordare.