C'eravamo lasciati tra i coriandoli bianconeri, filanti e impazziti, portati via da un tiepido scirocco di fine maggio. Così, in una notte bella e maledetta, il Milan di Christian Brocchi usciva a capo chino dall'Olimpico di Roma, trafitto dalla rete di un bello di notte mai banale, anch'esso pronto a dire addio al suo universo bicolore.
Ci si ritrova, sette mesi più in là, tra palme illuminate dalle luci natalizie, in quel di Doha, Qatar, distanti oltre 5000 chilometri dal territorio di dominanza bianconera: lo stivale.
Stavolta, il trofeo in palio ha layout, peso e valore diverso. La Supercoppa Italiana, guarda caso ultimo titolo messo in bacheca dal Milan berlusconiano - oltre cinque stagioni fa - non può essere una Tim Cup, ma certamente è in grado di accendere il desiderio di Revenge coltivato dal rinnovato Diavolo. Da quella notte di Maggio, molto, anzi tutto è cambiato; Se dall'altra parte del campo la Dab Dance ha lasciato spazio ai gol di Gonzalo, nella metà destinata ai rossoneri un nuovo allenatore ha portato con se ambizione, coraggio ed idee, stravolgendo nel giro di pochi mesi uno spogliatoio pressoché identico negli uomini, ma certamente diverso nei valori.
Il Milan, questo Milan, è finalmente una squadra unita, ma anche giovane e spensierata. Un gruppo che, nemmeno gli ultimi risultati ottenuti in campionato è riuscito a scalfire. Unione, amicizia e sacrificio; questa la ricetta semplice ed efficace adottata da Vincenzo Montella, Aeroplanino - e qui si potrebbero aprire parentesi sulla singolare vicenda capitata proprio ai rossoneri, rimasti a piedi per via di un problema occorso al velivolo nella giornata di martedì - con i piedi per terra che nell'avventura più importante della carriera ha messo da parte calcio champagne e tocchi di prima impartiti sotto la Fiesole, per passare ad un calcio più tattico, attendista e contropiedista; un calcio che molto si avvicina alla storica definizione di 'all'italiana'.
In realtà, l'avvento sulla panchina meneghina dell'allenatore campano, era stato accompagnato da intenzioni ben diverse. Stimolato ad offrire un calcio d'offesa, basato su una ricerca estrema del possesso palla, verticali improvvise e grande utilizzo delle corsie esterne, Montella ha dovuto cambiare medoto in corso d'opera, adattando le sue competenze a quelle di un Milan che, - non era mistero - non spicca per qualità.
Nel roster rossonero, ad eccellere sono doti come dimanismo, fisicità e rapidità; doti sul quale il Diavolo ha costruito una prima metà di stagione positiva e certamente al di sopra delle attese generali. Montella, partito ad agosto con un 4-3-3 senza grandi garanzie disfensive, ha cercato di velare - per quanto possibile - il peccato originale che la squadra porta sulle spalle da diverse stagioni: quell'equilibro che non tolga impeto all'offesa, e che non lasci troppo sguarnita la difesa.
Work in progress:
Dopo la prova all'arma bianca del San Paolo, arrivata sette giorni dopo gli sbandamenti con il Toro, Montella si decide: contestualmente ad una rapidità di manovra che a centrocampo tarda ad arrivare, i rossoneri arretrano notevolmente il loro baricentro medio, disputando le successive quattro sfide con grande attenzione difensiva.
Il match con l'Udinese, perso malamente dinanzi agli occhi del pubblico amico, è il contro della tattica montelliana. Un Milan lentissimo a centrocampo, privo di idee sulle ali, e di conseguenza statico con gli attaccanti, è un Milan che non fa male, ma che anzi, sporgendosi in avanti con le proprie mezze ali - chiamate all'incursione - lascia spazi invitanti a chi di dovere ha il ruolo di banchettare nelle metà campo altrui. Ciò accade con Udinese e Sampdoria, match simili per forma; assai diversi per esito finale. Un Bacca in più decide a Marassi; un Perica in meno gela San Siro.
I segnali di crescita sono pressoché nulli, nonostante i risultati arrivino a dar conforto. Il fortunoso pareggio di Firenze risulterà prezioso, mentre l'affermazione con la Lazio rappresenta la vera essenza della nuova idea milanista. Squadra bassa, anche troppo, a difesa di Donnarumma. Centrali vicini per sfruttare al massimo il lavoro di coppia; esterni larghi il meno possibile per creare una sorta di scudo centrale; centrocampo asimmetrico con una mezz'ala statica (Kucka) e una dinamica (Bonaventura) in grado di fungere da collante tra i tre reparti.
Un reparto d'attacco che collassa tutto verso destra, zona in cui Suso non rientra a dare una mano, costringendo il generoso Niang ad una dose di corsa extra. In tutto questo turbinio c'è anche la prima punta, Bacca. Un calciatore come Carlos non sembra adatto a questo gioco di posizioni e anticipi. Distante decine di metri dalla 'sua' area di rigore, Bacca perde ogni qualità, risultando in diverse circostanze dannoso per la tattica contropiedista di Montella. Con la Lazio però, l'errore di De Vrij - evento raro - e il passaggio perfetto di Kucka - altrettanto prezioso come evento - scoprono la parte lucente della medaglia: il Milan, negli spazi, in campo aperto e negli uno contro uno è una squadra micidiale.
Riccioli d'oro:
Il due ottobre sembra una domenica come tante a San Siro. Un Sassuolo malato ma pur sempre bestia nera, giunge con intenzioni serie. Dopo qualche minuto si è già sull'1-1: Donnarumma, beffato da Politano, torna a subire rete dopo un lungo periodo di imbattibilità. La serata, per il ragazzo classe 99, senza Romagnoli davanti a se non sarà delle più felici.
Nella ripresa, il solito Milan, privo di circolazione rapida, senza personalità, statico e bloccato sugli esterni, finisce in analisi. Al minuto 58' è sotto 1-3.
San Siro fischia senza sosta, trovando in Montolivo il capro espiatorio. All'ora di gioco Montella compie la scelta della stagione: fuori il 18, sommerso dal boato di San Siro; dentro un ragazzino coi ricci: Manuel Locatelli.
Il Loca, già Capitano tra gli Allievi e in Primavera, da solo non può dare un cambio di marcia ad un Milan buio come il retro delle sue magliette. Bacca, intorpidito fino a quel momento, si procura e segna un rigore - tutt'ora oggi quello è il suo ultimo gol ufficiale. - Locatelli, la cui leggerezza è palpabile, appena qualche minuto dopo fa scendere giù lo stadio: destro al volo dal limite dell'area di rigore. Palla sotto la traversa, 3-3.
Tutto molto casuale; tutto molto da Milan 2016/17. In un secondo, quei fischi si trasformano in applausi. Il corpo segue la mente; di conseguenza, lo schiaffo del Loca spegne il Sassuolo e accende il Diavolo. Spinta dal ritrovato entusiasmo la squadra di Montella domina nel finale, dimostrando che, se l'intenzione è viva, anche il Milan può giocare all'attacco. Ancora su azione d'angolo, stavolta alla stregua di un bellissimo schema - uno dei pochi andato a buon fine in stagione - Paletta trova l'incredibile gol vittoria rievocando alla mente quel che fu Yepes al Via del Mare.
Il match è ribaltato, il Sassuolo è sconfitto, ma dietro gli abbracci e le lacrime mostrate da Locatelli, molte, moltissime sono le sbavature da correggere.
Dopo la pausa però, il Milan sfodera una grande prestazione di squadra. Al Bentegodi, va di scena un Milan diverso, in grado di condurre lo stesso gioco dei padroni di casa: pressing asfissiante, circolazione palla e grande movimento delle ali. Arriva un successo sofferto ma meritato; un successo che quasi illude, ma certamente carica a mille una squadra giovanissima, ora sì, pronta e consapevole di poter giocare senza rimpianti con i Campioni.
Notte da Oscar:
La settimana volge all'insegna dell'ottimismo e del lavoro duro. A Milanello, Montella cambia metodo concentrando tutti gli sforzi sulla Juve, come fosse una partita secca, una finale per l'appunto.
Il sold out di San Siro provoca un normale tremolio nelle gambe dei più giovani, fermi sui blocchi in partenza. Il Milan, appare chiaro, mira ad un risultato con poche reti. Sarebbe impossibile pensare di combattere a viso aperto con la Juve. - e impossibile lo sarà anche a Doha - Per questo, Montella opta per un 4-3-3 che in fase di non possesso assume i chiari crismi di un 4-5-1. A centrocampo, Pjanic non da ritmo alla manovra dei bianconeri, - clamorosamente superiori nella percentuale di possesso palla - facilitando il compito del nutrito centrocampo montelliano. Il Milan non concede nulla per vie centrali, liberando unicamente i due esterni bianconeri, quella sera Alex Sandro e Dani Alves, a classici ed inefficaci traversoni per le teste di Romagnoli e Paletta.
La partita quasi perfetta di Locatelli con la Juventus. Il giovanissimo centrocampista non ha paura di ricevere e smistare il pallone. Quando lo fa, spesso, il passaggio è positivo. L'occhio va maggiormente a sinistra, dove il Loca vede in Bonaventura un compagno più affidabile e dinamico rispetto a Kucka. Dalla destra però, nasce l'azione che lo porta al gol: da una giocata di Abate e Suso, bravi nel lavorare in coppia, Loca si inserisce sul vertice dell'area, e senza pensarci su, scarica il destro. Palla in rete: delirio. E' il match perfetto del Loca, che non perde nessun contrasto fisico o aereo nel corso dei suoi secondi 90 minuti in Serie A.
I rossoneri, dal canto loro, non attaccano mai a pieno organico, limitando la loro pericolosità a qualche fugace sortita dei vari Suso, Niang o Bonaventura.
Il match si mette sui binari desiderati, fin quando nella ripresa è ancora il ragazzo con i ricci e la maglietta leggerissima a scrivere la storia: Manuel Locatelli inchioda Buffon. Il Milan, conducendo un match ancora più difensivista, porta a casa l'1-0.
Just an Illusion:
A campionato riaperto - solo due i punti di distacco con la Juventus - il Milan accetta la battaglia a distanza, supportato da un calendario favorevole. A Genova, si torna con i pidei per terra. Juric impartisce una lezione di tattica a Montella, confermando le difficoltà rossonere contro squadre che fanno del ritmo e dell'aggressività le loro prerogative.
Uno scivolone pesante, bagno d'umiltà per un Milan che viaggia tra i grandi ma che grande non è ancora. Con Pescara, Palermo, Empoli e Crotone, le vittorie sono quattro su quattro. Tutte sofferte; tutte con il coltello tra i denti; tutte o quasi, nel segno di Sir William alias Gianluca Lapadula, uomo della provvidenza in assenza dell'imbronciato Bacca.
Nel Derby invece, i rossoneri celebrano il battesimo di Stefano Pioli sulla panchina interista. La stracittadina viene dominata dai nerazzurri, a conferma di un Milan che, nei match di cartello decide per la via della difesa e del contropiede. Un Suso in stato di grazia, per poco non regala l'immeritata vittoria. Perisic allo scadere, ristabilisce giustizia, astenendo il giudizio.
Bello non è sinonimo di efficace:
Con Roma e Atalanta, il Milan cambia ancora pelle. Stavolta, e appare raro rispetto al recente passato, i rossoneri propongono calcio risucendo a mettere in difficoltà gli avversari attraverso lo strumento del gioco. Se il fine giustifica il mezzo - come abbiam letto da giovani con Machiavelli - il Milan cade nel tranello, uscendo dai binari più usuali, e andando ad incappare in una sconfitta certamente non meritata. A Roma, al cospetto di una squadra che in stagione non ha concesso nemmeno un punto all'Olimpico, viene fuori quella personalità rimasta negli spogliatoi da molto tempo.
Con un centrocampo pressoché inventato, Montella mette in grave crisi Spalletti, graziato al 45' da un Milan bello e sciupone - chiedere a Lapadula informazioni sul buon Niang -.
Nella ripresa, dopo un primo tempo manifesto della crescita rossonera anche contro le grandi, la Roma cala la giocata del Campione al quale il Milan, questo Milan, non può replicare: Nainggolan è magistrale nella preparazione al tiro, Locatelli inesperto, Donnarumma forse troppo avanti. Il Milan paga con la sconfitta, ma Montella - mai vittorioso contro la sua Roma - è comunque sorridente.
La partita ombra di Andrea Bertolacci contro la Roma. All'Olimpico, il Milan ha mostrato una parte di se che raramente avevamo visto nel corso di questa stagione. La squadra di Montella, che per larghi tratti del match ha dominato il campo, non ha sfruttato la chance con Niang, per poi capitolare di fronte alla classe di Nainggolan nella ripresa. Nel dettaglio, la partita di Andrea Bertolacci, candidato a ricoprire lo stesso ruolo - quello di mezz'ala sinistra - anche a Doha con la Juventus. Il confronto con Bonaventura, [qualche clic più in basso] è impietoso. Bertolacci, al rientro proprio con la Roma dal primo minuto, perde tutti o quasi tutti i contrasti, aerei e da terra. In più, il suo contributo in fase propositiva è molto risicato. Montella dovrà pensar bene prima di sacrificare Bonaventura come esterno d'attacco...
La nebbia di San Siro è l'ultima cartolina prima di volare al caldo del Qatar. Con la famelica Atalanta va di nuovo in scena un Milan bello a metà. Stavola il centrocampo soffre enormemente, evidenziando passi indietro rispetto alla bella prova dell'Olimpico: sfilacciato, lontano, quasi vuoto per consistenza, la squadra di Montella offre campo e possibilità alla Dea, forse fin troppo arroccata per tentare di far male a Donnarumma.
Al rientro dal tunnel la musica cambia, ma il risultato no. Le occasioni ci sono, ma sporche, in mischia, a conclusioni di azioni belle e dannate. Bonaventura e Suso soprattutto, tentano la magia, stavolta è evidente, il Milan è stanco, e sotto porta poco lucido. Si chiudono le valige per Doha con un po di amaro in bocca, ma con la consapevolezza che sì, si può giocare ancora a muro contro muro con la Juventus.
Natale a Doha:
Il ritardo, di ore 24, è roba sulla bocca di tutti. Il Milan ne ha approfittato per una seduta extra a Milanello, santuario adottato alla meditazione e al lavoro nei giorni precedenti alla partenza. L'obiettivo era quello di ricaricare le batterie in vista del match dell'anno.
La Juventus è lontana anni luce. Migliore in tutto e per tutto, ma anche quella che ha più da perdere da questa trasferta tra pozzi di petrolio, portatrice di una pressione superiore e costante. Una pressione che 'il Milan dei giovani' non percepisce, avvolto nell'ovatta teen di chi, a quell'età pensa solo a cosa fare l'ultimo dell'anno.
La scacchiera:
Che gara è lecito attendersi? Questa è la domanda che i tifosi dello stivlae, tra un panettone, un parrozzo e una bottiglia di spumante si fanno da giorni. La Juventus ribadirà la propria supremazia, oppure Montella metterà ancora in scacco Max Allegri?
Quel che è certo, è che il Milan non snaturerà la propria filosofia di gioco. Troppo pericoloso l'avversario, troppo alta la posta in palio.
I rossoneri, che hanno ricevuto una grande accoglienza all'arrivo in quel di Doha, scenderanno in campo con un 4-3-3. Questa è certezza assoluta.
Davanti a Gigio Donnarumma, citato da Adriano Galliani come il primo calciatore che andrebbe ad abbracciare in caso di vittoria, la difesa interamente italiana sarà composta da Capitan Abate, Paletta, Romagnoli e De Sciglio. Dunque, i migliori a disposizione, visto che l'ottimo Antonelli visto con l'Atalanta è appena tornato e di certo non ha 90 minuti intensi come una Finale nelle gambe.
Nel match di campionato, il reparto di difesa è stato certamente quello più efficente. La prova dei due difensori centrali, abilissimi nello sfruttare il lavoro di coppia, e per questo sempre molto vicini l'un l'altro, risultò decisivo a fronte dei tantissimi palloni scagliati nel mezzo dalla Juventus.
Quel match infatti, mise in luce le difficoltà ad oltrepassare la barriera centrale da parte degli juventini, costretti a girare a largo e con poca fortuna. In particolare, l'azione di Pjanic - in assenza di Marchisio - fu mitigata e dalla scarsa vena dello stesso bosniaco, e dalla grande prova delle mezze ali rossonere, sempre efficaci in disturbo e nei raddoppi vari. Molto probabilmente, stavolta la Juventus giocherà con un doble 9, ovvero con Mandzukic e Higuain assieme. Questo sarà uno degli aspetti cardine del match, visto che a San Siro, dopo il ko di Dybala toccò a Cuadrado, non certo una vera punta.
Impegnati con Hiaguin e Mandzukic, i centrali del Milan non avranno la stessa liberà concessagli ad ottobre, quando uno dei due - spesso Paletta - andava a chiudere sul Pipita, e l'altro, in copertura, andava a presidiare il buco alle spalle del compagno. I due esterni, dunque, dovranno operare con la massima attenzione. Se Abate dovrà vedersela con il temuto Alex Sandro, ancora incerto è il nome del contendente di Mattia De Sciglio, desideroso di ripetere la prova offerta in finale di Tim Cup, quando risultò tra i migliori in campo.
A centrocampo, si annida il dubbio che Montella si è portato con se nel trolley per Doha: Bertolacci, Pasalic o Bonaventura?
Bel dilemma quello del Mister campano, messo in crisi dall'ottimo ritorno di Andrea Bertolacci, tra i più positivi contro Roma e Atalanta. Trattenere Bonaventura a centrocampo, nel ruolo di mezz'ala invece, significherebbe riproporre lo stesso undici che a fine ottobre ha sconfitto i bianconeri.
La presenza di Jack sulla linea di mezzeria - che verrà certamente completata da Locatelli e Kucka - garantisce un maggiore dinamismo al reparto. La squadra, potrebbe permettersi di riproporre quel baricentro basso, anzi bassissimo che a ottobre gli valse il successo. In uscita infatti, la qualità del 5 Azzurro potrebbe essere letale: il suo dribbling stretto, il cambio di passo, il cambio gioco, sono qualità che il Jack, spostato di tavolo proprio da Montella aggiunge al reparto. Qualità che un calciatore come può essere Bertolacci, non ha tra le sue skills.
La partita di Giacomo Bonaventura contro la Juventus. Montella potrebbe proporre il Jack nel suo vecchio ruolo, attaccante esterno, anche se da mezz'ala la resa è stata stupefacente. Contro i bianconeri, il 5 si è rivelato un moto perpetuo in grado di dare una mano sia alla fese difensiva (diversi i passaggi e i contrasti vinti), sia alla fase offensiva, soprattutto come ideatore del gioco in grado di riportare su la squadra e smistare il gioco.
Per questo, Montella riflette con cura. Spostare Bonaventura sulla linea degli attaccanti significherebbe voltare le spalle alla propria - giusta - intuizione. Soprattutto passerebbe il concetto di un Niang ancora in cerca di se stesso, in crisi di prestazioni e a secco di gol da metà ottobre. Con Bertolacci invece, il Milan andrebbe ad acquistare maggiore proprietà di palleggio, migliori geometrie, e certamente una buona dose di rischio: l'ex Genoa infatti, è rientrato proprio con la Roma, giocando 70 minuti discreti. Poi, 90 minuti pieni con l'Atalanta nel ruolo di regista.
Montella, così come per Antonelli, deve valutare anche la condizione fisica dei suoi calciatori, catapultati in un Paese diverso con temperature e clima diametralmente opposti rispetto a Milanello. Proprio per questo motivo, non va del tutto scartata l'ipotesi Pasalic, assente nel famoso match di due mesi fa, ma, l'ha dimostrato sul campo, assolutamente in grado di sorreggere il peso del centrocampo.
Accanto alla mezz'ala sinistra, rebus ancora irrisolto, il Predestinato andrà a riprendersi il compito di impostare la manovra dei rossoneri, cercando, per quanto possibile, di non ripetere i tantissimi errori che ne hanno caratterizzato la partita di San Siro.
In quella circostanza, soprattutto nel primo tempo, la Juventus mise in difficoltà il play milanista, spesso in possesso palla, statico, attaccato da due se non tre avversari, e isolato dai propri compagni. In quelle condizioni di gioco, Locatelli subì molto la ferocia della Juve, affievolita con il passare dei minuti, fino a svanire nella ripresa, quando libero di agire anche in avanti, il Loca ha messo la firma sulla supersfida.
Dalla parte destra agiranno i muscoli d'acciaio di Juraj Kucka, mastino instancabile, e prezioso scudiero in situazioni di dubbia bontà. Spesso statico quando abbinato in un centrocampo a tre con Bonaventura, ora, se Montella dovesse scegliere Bertolacci, potrebbe essere lo stesso Kuko - ottimo anche nei tiri dalla distanza e negli inserimenti a palla scoperta - a gettarsi in avanti per creare parità numerica nell'area bianconera.
La partita, come sempre essenziale, di Carlos Bacca contro la Lazio. Il centravanti colombiano, come suo solito, non partecipa molto alla manovra rossonera; manovra che in realtà non lo chiama quasi mai in causa visto il baricentro basso adottato dai rossoneri. Bacca funge da testa di ponta, scambiando spesso dalla parte di Suso, che a sua volta si fa trovare pronto per allargare su Niang, o tentare l'uno contro uno. I palloni persi sono pochi, ma se relazionati a quelli toccati, la percentuale di errore si innalza. Il centravanti però, nasce per fare gol e Bacca, in questa circostanza, non si lascia pregare due volte. Una sola conclusione in porta, un solo gol: Carlos è bravissimo a sfruttare il buco lasciato da De Vrij, infilarsi, e al termine di una lunga cavalcata, battere Strakosha (freccia gialla).
L'attacco infine, gira attorno all'atteso ritorno del Peluca. Carlos Bacca, dopo le scappatelle a Siviglia, i malumori e l'ascesa di Lapadula, sembra essere pronto per riprendersi il trono rossonero. Pochissimi minuti con l'Atalanta; prima ancora, il derby di metà novembre: Bacca non è al 100%, ma Montella pare orientato verso questa scelta. In tal caso, la squadra dovrebbe fare il possibile per supportare l'azione del Peluca, non un solista, ma un finalizzatore che ha bisogno della squadra per rendere al massimo.
I suoi compagni di reparto lo conoscono benissimo: con Suso, vero uomo in più di questo Milan, c'è un gran feeling. Con Bonaventura - candidato più di Niang - è lo stesso.
Il Cardellino, è lecito attenderselo, sarà l'osservato numero uno da parte della difesa juventina. Il gioco offensivo del Milan nasce tutto dai suoi piedi, e per questo, avrebbe una logica anche l'avanzamento di Jack in avanti; proprio per permettere al Cardellino Suso di avanzare il suo raggio d'azione, quasi di posizionarsi sulla linea di Bacca, ma defilato a destra.
L'attacco asimmetrico del Milan, già ha fatto male a squadre come l'Inter, punita due volte da rapidi cambi di gioco poi trasformati in rete dagli uno contro uno letali dell'8 hispanico.
Asimmetria però, presuppone anche un rinculo asimmetrico delle punte, spesso e volentieri costrette ad arretrare per difendersi dalla pressione bianconera.
La partita di Suso contro l'Inter ai raggi X. Il Cardellino, uomo on fire dell'attuale Milan, è il calciatore sul quale collassa tutto il gioco d'offesa rossonero. Seppur non occupi una posizione centrale del campo, Suso, dalla destra, riesce spesso e volentieri a ricevere palla, anche nella propria metà campo.
Poi sta alla sua bravura, e ad uno stato di forma eccezionale fare il resto. Nonostante molti dei suoi lanci in verticale siano stati letti dalla difesa nerazzurra, (le frecce in rosso) Suso è stato comunque l'uomo in più del Milan. Nelle occasioni dei gol (frecce gialle), vediamo il solito movimento a rientrare dello spagnolo; un gesto tecnico speciale, che quando è in serata di grazia gli permette un ventaglio di scelte al momento della conclusione.
La sensazione, è che stavolta, in fase di non possesso il Milan potrebbe schierarsi proprio come fatto con l'Atalanta: 4-4-2 con Suso bloccato nei pressi della prima punta, pronto a beneficiare del break lanciato dal dirimpettaio Jack di Cuori.
Xmas Box:
Dal 15 maggio del 1988, di corse dietro un pallone c'e ne sono state... Quella data, accanto al primo maggio di quello stesso anno, rappresentano il giorno in cui il Milan di Silvio Berlusconi ha raggiunto il suo primo titolo: lo Scudetto soffiato allo stesso Dio del pallone, il Pibe Maradona.
28 anni dopo, quasi 29 ormai, il Milan di Berlusconi è fermo a quota 28 trofei. Media perfetta: uno per ogni anno.
Ne servirebbe un ultimo però, per chiudere in bellezza, per avere la certezza di lasciare da vincenti, per ricordarsi anche del 23 dicembre del 2016, a Doha, tra le palme illuminate da luci e addobbi natalizi. Servirebbe per dire che il Milan è rinato dalle sue ceneri, e che presto tornerà a brillare.
Servirebbe perché i loro tifosi, abituati a vincere, hanno sofferto tanto, troppo per quella sfera che nò, non c'era più verso entrasse. Servirebbe per aprire un nuovo ciclo, per dare l'esempio all'arretrato mondo pallonaro, restìo nel dar fiducia a dei giovani ragazzi.
Servirebbe a tutti, compresi i magazzinieri, i cuochi, i giardineri. Servirebbe semplicemente perché è Natale, e sotto l'albero rossonero un Xmas Box, davvero, manca da troppo troppo tempo.