"E' come adesso che si sente dire che bisogna imitare il Barcellona. No, la Juventus e la Juventus. Ognuno ha una sua tradizione e una sua cultura che non può modificare. Se la Juventus in oltre cento anni ha vinto tanto è perché possiede una cultura del lavoro e nell'affrontare le partite". Rispondere così alla fatidica ed inflazionata domanda sul presunto brutto gioco della Juve non è roba da tutti. Eppure Allegri, con la solita calma tanto invocata durante le partite, non evita di affrontare, ancora una volta, l'argomento. Che la Signora non brilli a livello di gioco è evidente a tutti, una tendenza poco bella a cui però fa da contraltare un'inclinazione vincente che anche quest'anno sta accompagnando il collettivo torinese.
Una Juventus in evoluzione, che sta cambiando anche grazie ai tanti acquisti estivi, argomento approfondito dall'allenatore torinese durante la sua chiacchierata con i giornalisti di Tuttosport. "Dani (Alves) viene da un calcio diverso, è un giocatore che se la mezzala si accentra, lui si allarga. E se la mezzala si accentra, lui si allarga. Al Barcellona era abituato ad avere un attaccante largo davanti, come faceva con Messi o come gli succede con Cuadrado. Il problema però è un altro, quando cioè si chiede ai giocatori di fare cose che non sono nelle loro corde".
Una vera chioccia, Max, pronto a difendere i suoi pulcini, costretti a vivere e a giocare, a volte, con la paura di non poter sbagliare. "Hernanes spesso viene criticato - ha analizzato il mister, parlando del troppo chiacchierato Profeta - perché ci si aspetta giocate che non sono nelle sue corde. E' come se si va a Roma lo scorso anno e si pretendono da Padoin lanci alla Pirlo". O come quando, parole sue, si pretende da Pjanic lo stesso modo di giocare di quando stava alla Roma. Alla Juventus è diverso, frase apparentemente senza troppi significati ma che contiene una verità al centro del processo di trasformazione della Signora.
Non si può pretendere, da una squadra che ha perso due mezzali classiche (Pogba e Vidal, Allegri docet) e che nel contempo ha cambiato solo nell'ultima sessione di mercato ben sei giocatori, un gioco immediatamente bello agli occhi. Ad oggi, durante il lento mutare verso la forma definitiva, la Juventus deve puntare sulla "furbizia", sulla capacità cioè di adattarsi e di andare al di là della semplice corsa, tendenza comune alle gare di Premier. Parlando, per esempio del centrocampo, Allegri si sofferma proprio sul concetto di furbizia, accostandola alla capacità di occupare gli spazi per sopperire ad eventuali e momentanee mancanze tecniche: "I centrocampisti possono anche intercambiarsi, ma è fondamentale che occupino gli spazi. Anche Guardiola punta sull'occupazione degli spazi, e non semplicemente sugli schemi".
Tendenza, quella del dominio territoriale, evidenziata proprio in queste prime uscite stagionali, quando spesso si è potuto vedere un Dani Alves accentrato o un Cuadrado "costretto" a restare nei ranghi. Lo scopo di Allegri, il suo mantra, è quello dunque di crescere come gruppo, trovando il proprio assetto e vincendo grazie ai giocatori bravi perché, come accade anche nel basket, "si vince grazie ai più forti". Realisticamente schematico, Acciughina, il cui modo di ragionarestride davvero con la tendenza vista negli allenamenti, volta principalmente a vincere dominando piuttosto che ricercare affannosamente un palleggio più dannoso che altro. I risultati, ad oggi, gli stanno dando ragione. Solo il finale di stagione darà però la definitiva sentenza.