Il pragmatismo, oltre ad essere una corrente filosofica sorta negli Stati Uniti a metà del XIX secolo, per estensione indica un comportamento spregiudicato che punta solo al raggiungimento dei propri fini. Simone Inzaghi ha dimostrato che la sua Lazio può sfoggiare un abito a seconda della festa, 4-3-3, 3-4-3 o 3-5-2: tanti assetti tattici a disposizione da impiegare in base alla partita da affrontare. Atteggiamento pragmatico volto al raggiungimento dei propri fini senza badare a principi o valori ideali calcistici. Filosofia underground applicata al calcio per indicare come Inzaghi imposti le sue partite con obiettivi ben precisi, non curante del lato estetico del calcio, forse consapevole che la bellezza del calcio sia proprio la sua organizzazione, la sua meticolosità tattica. In questo Inzaghi sta dimostrando di essere un vero maestro.
Un punto di forza o una dispersione di identità di gioco, solo i risultati daranno ragione o torto ad Inzaghi. Per ora il tecnico piacentino ne ha sbagliate poche, la sua Lazio sta crescendo partita dopo partita e sta diventando una creatura interessante, dai diversi volti ma con un ego profondo che le caratterizza l'identità. Perchè attraverso la disposizione dei giocatori in campo si può leggere un tipo di partita, l'altra la si legge nell'atteggiamento dei calciatori, dediti al massimo e orientati a prescindere verso il loro allenatore. Ognuno lotta per l'altro, riconoscendo come guida il proprio allenatore, parte integrante della squadra. Del concetto di "non mollare mai" Simone Inzaghi ne ha fatto un dogma imprescindibile. I suoi dal primo all'ultimo minuto corrono su tutti i palloni. Non a caso la Lazio è una delle squadre del campionato con la media kilometri a partita più alta in assoluto.
A Napoli la Lazio si è disposta in campo con uno strano 3-5-2. Consapevole della forza del Napoli in casa, Inzaghi ha adottato le sue contromisure, molto pragmaticamente. Il gioco delle rotazioni tra centrocampo e difesa spesso rendeva difficile la lettura dell'assetto tattico dei biancocelesti. Dusan Basta ha giocato per la prima volta in una difesa a tre; con Felipe Anderson a tutta fascia sulla stessa corsia il serbo ha faticato parecchio per tutto l'arco della partita. A volte la difesa era a 4 (con Lulic che si abbassava) a volte a "due e mezzo" con Basta che tendeva ad allargarsi su Insigne. Con Felipe che spesso stanziava in una posizione di mezzo, il serbo si è trovato più volte l'uno contro uno o con molto campo di fronte, con la conseguente difficoltà nel leggere i tempi di intervento. Se veniva a mancare il filtro a centrocampo (come accaduto sul gol di Hamsik) il Napoli poteva sfruttare molti spazi su quel versante del campo, il più sollecitato dagli uomini di Sarri con Insigne, Hamsik e Ghoulam.
In questa fetta di campo si è giocata tutta la partita difensiva della Lazio. Sul lato di Lulic e Radu, Callejon e Hysaj non sono mai riusciti ad essere pericolosi. Grazie alla densità nella zona centrale del campo - presenze di Milinkovic Biglia e Parolo - i centrocampisti napoletani non sono mai riusciti a sfruttare i tagli di Callejon e gli inserimenti di Zielinksi, o a bucare centralmente la difesa biancoceleste: complice anche un Wallace sugli scudi. Inzaghi, tuttavia, mettendo Felipe Anderson sulla destra a tutta fascia era consapevole di un dinamica di gioco: riconquistato il pallone, con Felipe leggermente più avanzato, il Napoli si sarebbe esposto al contropiede del trio delle meraviglie. La Lazio si è resa pericolosa con qualche ripartenza grazie proprio a questa strategia, conservativa ma allo stesso tempo coraggiosa e con la sua buona dose di offensività. Il pragmatismo per definizione è anche un atteggiamento spregiudicato. La Lazio è stata premurosa, pragmatica ma allo stesso tempo spregiudicata. Il pareggio di Napoli è un risultato che ha pagato.