Se di blackout si è trattato, allora è meglio che la Roma faccia controllare da uno specialista i guai dell'impianto elettrico, per risolverli al meglio. Già, perché la frequenza con la quale capitano questi "imprevisti" non permette più di riflettere serenamente sul futuro, visto che ogni volta che la squadra di Spalletti si trova nella condizione di dover gestire un risultato inizia a manovrare il pallone con una sufficienza tipica delle squadre che vogliono molto ma stringono poco. Sufficienza che, alla fine, viene sempre pagata, viste le ineludibili leggi che dominano il mondo del pallone.

Che poi, tutto questo sonno non si è visto, all'Olimpico, almeno per 70': sì, un match bruttino e abbastanza spento, senza grandi acuti, ma assolutamente dominato dalla Roma. Chi era sembrato rinunciatario, dopo l'iniziale e inaspettato vantaggio (svarione di J.Jesus), era addirittura l'Austria Vienna, poco compatto tra i reparti e senza grande voglia di fare. Roma senza grandi idee ma ordinata, ed ecco che due palloni ben messi ad El Shaarawy, uno di Gerson, l'altro magistrale di Totti, avevano rasserenato l'ambiente all'intervallo. Nella ripresa altro colpo d'oro del 10 e Florenzi non si fa trovare impreparato: è 3-1.

I cambi di scacchiere, sia della Roma che dei Viennesi, hanno invece stravolto un match già in cassaforte, già in ghiacciaia. Una folle sequenza, di circa 70'', che condanna la Roma ad una "vita di sofferenza" in quel che resta del girone Europeo. Sofferenza perché, ora, due gare sono in trasferta, e tolto il match con l'Astra (si farà bene a ricordare che l'Astra in casa del Plzen ha vinto, ieri, e non invece la Roma), i giallorossi affronteranno in novembre proprio l'Austria Vienna, in trasferta. Un match che chiuderà praticamente i conti per il primo posto, un match che ora la Roma si trova costretta a vincere. Questo per il blackout, che non solo cancella quanto di buono fatto vedere dalla Roma, ma che annuvola, come sempre succede oltreTevere, le sensazioni sul campionato. Vista la doppia corrente che anima il tifo giallorosso (quella apocalittica, quando le cose girano male, quella trionfalistica in casi positivi), le avvisaglie di questo genere sono sempre positive per l'impatto che portano con sè, ma c'è da ragionare sulla portata "pratica" per la classifica Europea: la Roma non può permettersi di arrivare seconda, non può fallire match casalinghi veramente abbordabili e non può peccare ancora e sempre sulla maturità e sulla gestione dei match. Gli errori di impostazione, le difficoltà soprattutto difensive possono essere catalogate, capite, studiate e risolte (forse), ma quando a dominare i difetti giallorossi c'è la testa, si ritorna all'improvviso alle notti nere di settembre, alle sconfitte pesanti e senza spiegazioni, come quella con il Torino. Spalletti non ha voglia di tornare su quelle cattive emozioni, ma per scrollarsi di dosso i fantasmi c'è bisogno di continuità, altrimenti, come ha sottolienato il man of the match, El Shaarawy, non si va avanti.