Sembrava pronto per ricominciare sulla panchina della Salernitana, dopo il finale di campionato vissuto da “traghettatore” a Roma, sponda biancoceleste. E invece Simone Inzaghi si ritrova, tre mesi dopo, di nuovo a sedere su una panchina quest’anno bollente più che mai. Tutto accade all’alba dell’8 Luglio: Marcelo Bielsa era ormai in procinto di iniziare l’avventura italiana, dopo una disperata ricerca di un allenatore adatto da parte di Claudio Lotito, che aveva prima provato a convincere Sampaoli (diventato poi tecnico del Siviglia), poi aveva stretto un patto con Prandelli, per poi scaricarlo una volta avuta la possibilità di portare a Roma “el loco” che, a 48 ore dalla partenza per il ritiro, si è tirato indietro, in netto contrasto con il presidente.
Claudio Lotito non ci ha pensato due volte, e ha richiamato subito Simone Inzaghi per quella panchina su cui si era seduto per le ultime sette giornate di campionato: una chanche che l’ex attaccante biancoceleste aveva aspettato tanto, ma che in quella situazione si rivelava una pericolosissima arma a doppio taglio. C’era un ambiente da rimotivare, contornato da tensioni e veleni in società dopo il rifiuto di Bielsa, e una squadra da ricostruire. Il ritiro comincia con più problemi che certezze, ma Inzaghi giorno dopo giorno ha preso in mano la squadra, ridandole motivazione e forza, respirando l’ambiente e saggiando gli umori del gruppo: colloqui individuali (in campo e fuori), nessuna bacchettata davanti a tutti - lavando i “panni sporchi” a casa - e gestendo in maniera saggia e decisa tutti gli avvenimenti dello spogliatoio.
Esempio lampante è la gestione del caso Keita: il senegalese entra in rotta di collisione all’inizio del campionato e Inzaghi lo esclude senza pensarci due volte - per “scelta tecnica” - dai convocati per Lazio-Juventus del 27 Agosto. Due settimane dopo è lo stesso attaccante ad abbracciare Inzaghi sul campo di allenamento a Formello, e Sabato contro l’Udinese ha timbrato il cartellino insieme ad Immobile per un’importante vittoria. Adesso deve solo imparare a gestire certi atteggiamenti, e certamente il mister lavorerà ancora sul ragazzo per portarlo sulla retta via.
E’ una Lazio “camaleontica” quella che ha costruito Simone Inzaghi, che ha provato 5 moduli in 7 partite, in modo da adattarsi partita per partita all’avversario affrontato. I biancocelesti hanno esordito nella rocambolesca partita con l’Atalanta con un 4-3-3, confermato anche contro il Chievo, dopo aver provato il 3-4-3 contro la Juventus, poi la svolta: all’Olimpico contro il Pescara Inzaghi opta per un 3-5-2, e il 3-0 finale dà ragione al tecnico, che contro il Milan propone invece il 3-4-1-2, per poi tornare al 3-5-2 contro l’Empoli. Infine la vittoria con l’Udinese ha visto il quinto cambio di modulo, con un 4-2-3-1 vincente che ha permesso alla Lazio di portare a casa un perentorio 3-0. Ci si aspettano sicuramente altri cambiamenti nelle prossime partite, in base al gioco e alla caratura dell’avversario, intanto la Lazio sembra aver trovato la sua dimensione grazie a quello che ormai è l’allenatore del futuro.