Gli ironici "olè" del pubblico di casa sui passaggi dei propri giocatori a partita ormai conclusa sono il sigillo ad una serata da dimenticare, in cui la rassegnazione del pubblico laziale ha prevalso sulla rabbia, tanta comunque. Lazio Sparta Praga 0-3 ha una scenografia diversa ma è lo stesso capitolo di una libro già letto. Assomiglia tanto al preliminare col Bayer (sempre 3-0), alla sconfitta col Ludogorets, ai Vignaroli di turno comprati per la campagna Champions. Un'altra volta la Lazio fallisce l'opportunità di rendersi grande, di costruire qualcosa senza che crolli immediatamente con una soffiata di vento. Lazio Sparta Praga 0-3 è l’apice di una stagione fallimentare, l’ennesima dopo una buona stagione. Frutto di approssimazione a livello societario, di un Pioli in piena confusione, di giocatori impresentabili in occasioni del genere.
 
Si erano fatti addirittura proclami, con Pioli che parlava di vittoria finale e Tare che tranquillizzava l’ambiente sul passaggio del turno. Tutto è andato per il verso sbagliato, prima e durante la partita. La squadra, umiliata da un minimo di organizzazione tattica dello Sparta, ha dimostrato ancora una volta tutte le sue lacune. Sopratutto in difesa, dove la società credeva che senza spendere un euro avrebbe tappato i buchi. Ma Bisevac, arrivato a parametro zero e con un ginocchio malconcio, ha fatto rimpiangere i tempi di Cana con una prestazione da film horror. Non si salva il suo compagno di reparto Hoedt, che mai avremmo pronosticato titolare fisso della Lazio. Ma che, per mancanza di programmazione e di investimenti, a 21 anni è costretto a sobbarcarsi le difficoltà di un’intera squadra allo sbaraglio.
 
Elencare le prestazioni del tutto insufficienti dei singoli analizzerebbe solo superficialmente le difficoltà della Lazio (per quello ci sono le pagelle). Infatti ciò che più fa riflettere è paradossalmente il secondo tempo, con la partita sullo 0-3 ormai conclusa: la Lazio non reagisce nemmeno con l’orgoglio, rimanendo ferma, inerme ad osservare. Ed è proprio in queste situazioni che la Lazio non è squadra. Non è squadra per approccio (non si possono prendere due gol in due minuti in una partita così importante), per mentalità, per cattiveria. Non è squadra perché al termine della gara molti giocatori scappano nello spogliatoio e solo in 5/6 si prendono i fischi. Se lo dice Lulic, non ci stiamo inventando nulla: "non siamo rimasti tutti in campo a prendere i fischi che abbiamo meritato. Anche qui non siamo stati una squadra. I fischi, così come gli applausi, vanno presi tutti insieme.” 

Si può parlare anche di sfortuna in certe occasioni, di uno Sparta che con quattro tiri fa tre gol. Ma in una partita del genere, da affrontare con la massima attenzione, se la Lazio sbaglia non in una, non in due ma in tre occasioni (possiamo metterci anche una quarta contando il gol dell'andata)  ogni altro tipo di scusante non regge. L'errore è parte del calcio, lo Sparta ha sbagliato di meno e  meritatamente approda ai quarti di finale. L'errore dei giocatori e di Pioli (gli attori) è in fondo provocato dalla regia, che ai fischi del pubblico risponde con indifferenza. La Lazio cade, ancora. Rispedita nel purgatorio della mediocrità.