Ad inizio stagione, dopo la positiva serie di successi, nessun tifoso livornese avrebbe mai potuto immaginare la caduta libera che avrebbe portato il Livorno dalla cima dell'Everest al fondo del Grand Canyon, dal primo al sedicesimo posto. Ragionamento che, invece, mai ha interessato i sostenitori della Pro Vercelli, consci dei mezzi limitati di una rosa attrezzata per una salvezza ad oggi raggiunta.
La Pro Vercelli è una squadra tignosa, amante del 4-3-3 con Marchi punta centrale ma che, al netto delle stastistiche, segna e fa segnare poco nonostante la proiezione offensiva della disposizione tattica: sono 16, infatti, i gol messi a segno dei piemontesi (peggior attacco della serie A), mentre le marcature subite sono ventidue. Gli uomini di Foscarini hanno disputato un girone di andata difficile, puntellato però da successi importanti che hanno tolto molte castagne dal fuoco. L'uomo in più, come detto, dovrebbe essere Marchi, che però fino ad ora è fermo a solo un gol, a differenza del centrocampista Mustacchio, capocannoniere dei suoi con 4 reti e giànel giro dell'under21 di Di Biagio.
Il Livorno, invece, è semplicemente un'attrice bellissima a cui è stato tolto il trucco, uno spettacolo di magia con un prestigiatore di basso livello. La squadra di Mutti non è reduce da un lunghissimo filotto senza vittorie, una carenza di risultati che nemmeno il 3-5-2, modulo ormai inflazionato in Italia, è riuscito a fermare. Gli amaranto hanno tanti uomini di livello nel loro organico, primi fra tutti Vantaggiato e Pasquato, che però non riescono a ritrovare l'alchimia che con Panucci li aveva portati in testa alla classifica. Difficile prevedere la retrocessione del Livorno, ma concludere la stagione nelle zone basse della classifica decreterebbe siuramente il fallimento di un progetto imbastito per ben altre posizioni.