Nostalgia, nostalgia canaglia. La Liga chiama e Mario Suarez risponde. Gennaio, il mese perfetto per il trasferimento. Siviglia la piazza ideale, per rilanciare una carriera esplosa a Madrid - sponda Atletico - e arenatasi al Franchi, alla corte di P.Sousa. Un amore incerto, contratto. Il tecnico sceglie Suarez poche volte, gli affida le chiavi del centrocampo in Europa League, con Belenenses e Lech, quattro volte in A, solo due per 90 minuti, prima di riporre il mediano in panca e chiamare altri per avviare la manovra viola. Sei giornate in disparte, a seguire da fuori la scalata alla vetta del campionato, troppo per lo spagnolo - giocatore di spessore internazionale - in patria diviso tra Mallorca, Celta e soprattutto Atletico.
In estate, Suarez "piomba" nella rivoluzione avviata da Simeone e sveste il biancorosso per accettare la scommessa Fiorentina.
Della Valle punta su Suarez per costruire un pacchetto in grado di rivaleggiare coi migliori d'Europa, Sousa sceglie un inserimento graduale, telecomanda Mario dalla panchina, chiede a lui iniziativa e personalità, il filo che lega tecnico e giocatore si spezza al cospetto di prestazioni non all'altezza. Alla fiducia degli esordi, segue il netto accantonamento attuale, con Suarez in causa solo nelle notti di ampio turnover.
187 gare con i colchoneros, solo 6 a Firenze, con la casacca viola. La storia si contorce e Suarez, in silenzio, accetta il verdetto, nelle gerarchie di Sousa parte dietro non solo al connazionale Borja Valero, ma anche a Vecino e Badelj.
Da qui, la scelta, in accordo col club, di chiudere anzitempo il rapporto. Il mercato di riparazione è il terreno in cui intavolare la trattativa per liberare Suarez. Siviglia, ma non solo. As collega il calciatore anche a Liverpool e Marsiglia, non mancano club interessati a un profilo di alto livello respinto dalla A.