La versatilità di una squadra è un incubo. Lo è per gli allenatori che devono fare i conti con l'imprevedibilità degli avversari, per i fantacalcisti che non sanno mai quali giocatori schierare, per i tifosi che sperano che la formazione schierata sia quella azzeccata. La versatilità è un incubo anche per la stessa squadra nel momento in cui è costretta a variare, un po' per gli infortuni e un po' perchè si ha sempre la sensazione che quello messo in campo non sia mai il modulo giusto. Questione di numeri, di tattiche, di movimenti. Arretrare l'esterno per rendere al meglio in fase difensiva o farlo avanzare per colpire in contropiede?
Quante volte se lo sarà chiesto Massimiliano Allegri in questo inizio di stagione. L'allenatore toscano ha dato ai più l'idea di non sapere quali pesci pigliare, di provarle tutte, tanto prima o poi sarebbe capitata la volta buona. Nessuno ha però saputo cogliere le difficoltà di un mister alle prese con l'addio di giocatori che facevano funzionare in maniera perfetta i meccanismi di quel giocattolo targato Juve. Di quel Pirlo che puntualmente come un metronomo pescava il centrocampista inseritosi nelle maglie avversarie. Di quel Tevez che arrivava a recuperare palla in difesa pur di far ripartire l'azione, di quell'indomabile Arturo Vidal. A giocatori con caratteristiche differenti si addicono moduli e movimenti differenti. Allegri ha dovuto sbrogliare in fretta una matassa molto contorta, una squadra vincente da risistemare in fretta e furia. E come si suol dire, "la calma è la virtù dei forti".
Il campionato inizia con uno sfortunato 3-5-2, utilizzato da Allegri nel campionato scorso durante il periodo di transizione all'inizio del proprio ciclo, per sfruttare ancora i meccanismi dell'uscente Antonio Conte e in occasione delle partite in cui l'arma migliore era difendersi e ripartire in contropiede. Le storiche partite della difesa a tre sono proprio quelle che la Juve avrebbe affrontato all'inizio della stagione: Lazio, Udinese e Roma. La prima, contro i biancocelesti, era servita per lanciare un messaggio chiaro alle pretendenti allo scudetto: noi ci siamo e abbiamo ancora fame di vittorie. Ma non era servita a dare indicazioni da un punto di vista tattico, a causa della scarsa intensità di gioco e dalle condizioni pessime del campo. Insomma, ci vediamo alla prossima. E la prima in casa non ha dato i risultati sperati: un 3-5-2 da tutto fumo e niente arrosto. Tante occasioni costruite grazie all'abilità dei singoli, poca coordinazione (normale alla prima in un nuovo gruppo) e poche idee. Il regista, Padoin, dispensa pochi palloni giocabili e quello che balza subito all'occhio è che nessuno sappia in realtà cosa fare. Anche la granitica difesa crolla sotto i colpi della disattenzione, subendo un gol ampiamente evitabile. Il 3-5-2 fallisce anche in quel di Roma: non esiste un collante tra attacco e centrocampo, non si vedono manovre degne di questo nome e i giocatori pascolano per il campo senza indicazioni. Serve un trequartista. Negli ultimi giorni di mercato non arriva ma arrivano Hernanes, Lemina e Cuadrado. Allegri mischia di nuovo le carte e rischia il brasiliano davanti alla difesa contro il Chievo: si va di 4-3-1-2, il modulo preferito dal toscano. Ennesimo fumo, poca carne a cuocere ed ennesimo svarione difensivo. Insomma, bisogna fare tutto daccapo.
Contro il City la novità: 4-3-3, sembra essere quello perfetto. Per le giocate di un Cuadrado in formissima, per l'abilità nei colpi di testa di Mandzukic, per un Hernanes rinato in cabina di regia. Arriva anche la prima vittoria in campionato contro il Genoa, che dire, è proprio quello giusto. Ma contro il Frosinone ritornano i vecchi fantasmi: troppe occasioni, poca concretezza sottoporta e svarione difensivo finale, la fotocopia della prima partita contro l'Udinese. Contro il Napoli si ammira ancora di più la disorganizzazione della retroguardia, ma contro il Siviglia qualcosa cambia. Quel 4-3-3 annunciato in conferenza stampa ha qualcosa di diverso. Un Barzagli terzino. Una formazione da interpretare come i libri di Dan Brown, enigmatica e sorprendentemente affascinante. Ancora più affascinante e meravigliosa durante la partita. Come un camaleonte cambia il colore della pelle per mimetizzarsi, Barzagli si affianca a Bonucci e Chiellini in fase difensiva, con l'arretramento di Cuadrado a livello dei centrocampisti: si passa al 3-5-2.
In fase offensiva si può ammirare il 34enne correre leggiadro sulla fascia pennellando cross come quello del vantaggio di Morata, ma è da questo momento che qualcosa di ancora più straordinario accade: un 4-4-2 per dare compattezza, con Alex Sandro davanti ad Evra. E ancora un cambio, 4-5-1 per difendere il vantaggio con il solo Zaza in attacco. Allegri firma un capolavoro e ripete le variazioni contro il Bologna, questa volta con un 3-5-2 più accentutato. Punta sulla continuità, schiera gli stessi giocatori, è convinto della propria scelta. E' il ritorno alla genesi. Quel modulo lanciato da Antonio Conte e diventato un must per i primi tre anni di gestione, un'idea quasi compulsiva dell'allenatore salentino. Il CT, presente domenica, forse se la ride sotto i baffi per una decisione che suona come una resa per Allegri, per le sue idee. O semplicemente ha capito che per vincere non bisogna abbandonare il passato, ma solo rinnovarlo.