Da Collina a Rizzoli. La tradizione degli arbitri italiani si ripete. Il miglior arbitro italiano, probabilmente del globo, si racconta. Nicola Rizzoli, della sezione di Bologna, ha coronato quest'anno un sogno: dirigere la finale di Coppa del Mondo in Brasile tra Germania e Argentina. Il fischietto bolognese ha deciso di pubblicare la sua biografia "Che gusto c'è a fare l'arbitro", mettendo in mostra tanti aspetti e tante sfaccettature che ai più non appaiono. Un insieme di racconti, di aneddoti, dei rapporti con i calciatori ma non solo. Di momenti esaltanti e di periodi bui che ti portano a pensare che non si è adatti, prima di salire sul tetto del Mondo.
Anche le difficoltà di una carriera, poi diventata gloriosa, che parte da quel 'vaffa' divenuto ormai famoso pronunciato al suo indirizzo dal capitano della Roma Totti. Ai microfoni di Sky Sport 24, Rizzoli ha così commentato: "Fortunatamente a 43 anni sto ancora bene fisicamente e sono ancora in grado di dirigere al meglio le gare. Il famoso 'vaffa' pronunciato da Totti nei miei confronti? Mi trovavo in una posizione sbagliata, ma fui portato ad essere lì da come si stavano muovendo gli attaccanti giallorossi. Sbagliando, ammonii il capitano della Roma e fui molto criticato nei giorni successivi. Pensai perfino di smettere ma poi tornai sui miei passi, grazie anche all'aiuto di alcuni amici e colleghi".
Il lavoro dell'arbitro è, come ha confermato successivamente il fischietto quarantatreenne romagnolo, sempre al centro dell'attenzione, con polemiche ed a volte qualche soddisfazione: "Non sono io che posso dire se sono il migliore arbitro del mondo, spetta agli altri giudicarmi. Molte persone che criticano gli arbitri, comunque, non hanno mai fatto questo lavoro e non si sono mai trovati a dover prendere delle decisioni molto difficili e nel mio libro ho voluto ribadire questo concetto".
Infine, Rizzoli parla del motivo per il quale è diventato arbitro. Nessuna passione, ma frutto della casualità che lo ha indirizzato verso questo mondo che gli ha portato fama e gloria: "Non so perché ho fatto questa scelta. Ho deciso a 16 anni quasi per caso. In realtà me la cavavo bene anche da calciatore e molto spesso litigavo con i direttori di gara. Nelle categorie inferiori è ancora più difficile, senza assistenti e senza la giusta esperienza è quasi impossibile fare bene. Arrivare ad alti livelli non è facile, devi essere aiutato da tante persone".