Tra sorprese e delusioni, tra top e flop. Qualcuno diceva che in Italia siamo tutti allenatori, sapientoni del calcio. Parlato, sì, ma poi in campo è un'altra storia. In realtà infatti la vita del fantallenatore è proprio bella da maggio a settembre, ma in alcuni casi si può trasformare in un incubo. Ogni anno passiamo l'estate a vantarci con gli amici di aver scoperto chissà quale talento della futura serie A, tirando le nostre conclusioni su tutto ciò che succederà da settembre in poi. Il problema vero è che poi non ci azzecchiamo mai. O quasi. E l'apice lo tocchiamo poi durante l'evento clou dell'anno. L'attesissima asta del Fantacalcio, quando puntualmente arriviamo supportati da tablet pieni di numeri e statistiche.
E quando poi, appena concluse quelle quattro/cinque ore di insulti, ansia, panico e colpi ad effetto ci convinciamo di aver la rosa migliore. "Quest'anno non ce n'è per nessuno, ho davanti il meglio. Il grande Balo, che non sbaglia un rigore manco ad ammazzarlo. Poi ho Vucinic, il Faraone El Sha che quest'anno porta il Milan allo Scudetto. Per non parlare di Klose, Gomez e Muriel che faranno almeno 40 gol in tre. Puoi pure non partecipare tu con quelle sole di Berardi, con quel basco pagato zero di Llorente, con quel rotto di Rossi, e con quel bollito Gilardino. Ma dai, come puoi avere una squadra così scarsa?" Quante volte ci è successo qualcosa di simile alle porte della serie A. Quante volte ci siamo sentiti i re del mondo per le prime due gare, nelle quali abbiamo fatto gli spavaldi verso tutti i nostri amici, salvo poi precipitare nei bassifondi della classifica, con il collega a lavoro di turno a ripeterti: "Aho, non ti vanti più? Guarda che schifo i tuoi fenomeni".
Già, perché puntualmente a dicembre ci ritroviamo a cambiare totalmente idea e spesso, sempre rimanendo in ambito fantacalcistico, a smantellare la rosa. Alzi la mano chi avrebbe pronosticato che il tanto bistrattato Rossi, dopo 13 partite, avrebbe segnato quanto i sei "nomoni" della prima lista insieme. Chi avrebbe mai ipotizzato una crisi così nera del Milan e del suo campione Balotelli. 11 reti in 12 gare l'anno scorso, 3 in 8, con annessa squalifica di tre giornate e due rigori sbagliati, in questo avvio di stagione. E poi chi avrebbe mai immaginato che il "bello ma scarso" Llorente potesse avere questo approccio letale in serie A. Lui, l'ennesimo acquisto sbagliato di Marotta. "Tanto giocheranno sempre Tevez e Vucinic, mentre Llorente è la quinta scelta", si diceva non più di un mese e mezzo fa.
Ma alla riprova dei fatti, il belloccio adatto più a fare il modello che il calciatore segna quasi un gol a partita, uno ogni 106' all'incirca, mentre, giusto per fare un esempio, il baby fenomeno Muriel "altro che Sanchez, questo è il nuovo Ronaldo", sembra la copia ingiallita, scolorita e anonima di quel talento ammirato nelle ultime due stagioni. E a questa lista vanno poi aggiunti quelli che non tanto per demeriti quanto per infortuni stanno provocando le ire di tanti Fantallenatori. Esempio: il tridente Gomez-Klose-El Sha. Un trio fortissimo, che però ad oggi ha segnato in totale 5 gol, quelli realizzati da Berardi ("Non pronto per la serie A, sopravalutato", azzardava qualcuno) nelle ultime tre partite.
Perché è vero il calcio è bello proprio perché permette a tutti di dire la loro. Perché riserva gioie e ci fa parlare e anche scannarci con gli amici per giorni, se non mesi. Ma poi bastano tredici giornate, poco più che diciannove ore di calcio giocato. Per farci poi capire che in fondo, nove volte su dieci prendiamo solamente delle grandissime cantonate. E magari ci ritroveremo a febbraio, a parlare di nuovo del super bomber Balotelli, che con i suoi gol trascina il Milan ai quarti di finale di Champions contro il Real Madrid e che in campionato ne segna due a partite. Tutto questo, ovviamente per la disperazione del solito Fantallenatore che: "Ma l'ho scambiato a gennaio per Rossi, e quel rottame adesso non segna più da due mesi". E per la gioia dell'eterno So Tutto Io, che di quel novembre così burrascoso di SuperMario non ricorderà nemmeno l'esistenza.