Se vogliamo che tutto rimanga come e', bisogna che tutto cambi, sentenziava Tomasi da Lampedusa. La giovane rampolla di Casa Berlusconi, erede al trono Barbara, all'indomani della rovinosa sconfitta contro la Fiorentina, ha invocato a gran voce un cambio di rotta e di filosofia societario, per tornare ai fasti di un tempo. Il dito è puntato soprattutto contro il mercato, pochi soldi spesi e soprattutto male.
Cosa si cela dietro questo sfogo? Il modello Milan, per anni invidiato in Italia ed in Europa, fa acqua da tutte le parti. Le vittorie ed i successi dell'era Berlusconi sono ormai vecchi cimeli impolverati nel cassetto dei ricordi ed è palese l'impotenza di fronte ai nuovi colossi del calcio europeo. Ma il Milan, e Berlusconi, quanto resisteranno ancora in questo modesto ruolo di comprimari? Lo sfogo di Barbara, dal 2010 nel CdA di Via Turati, vuole sostanzialmente smuovere gli animi di una società intorpidita dall'austerity e dall'incapacità di trovare un'alternativa di successo.
La stessa Barbara nega fermamente di aver chiesto al padre la testa di Adriano Galliani; sarebbe quantomai ardito sollevare dall'incarico l'amministratore più longevo di tutta la Serie A, in carica dal 1986, oltre che fedele braccio destro del presidente. Difficile che questa sia la soluzione, e sarebbe un grave peccato privarsi dell'esperienza di una vecchia volpe come Galliani, capace di tirare fuori dal cilindro vere e proprie magie di mercato in questi anni di vacche magre. Eppure le ruggini tra la giovane figlia del presidente e l'amministratore delegato sono cosa nota, nonostante l'unione di intenti quando premettero per la riconferma di Allegri in estate. Sono arrivate parola di stima per Galliani anche da Madrid, con mister Ancelotti che lo ha definito il "CR7 dei dirigenti".
Forse è lo stesso mister il pomo della discordia: da un pezzo non gode più della fiducia del Presidentissimo, che fu convinto a ingoiare un boccone amaro per riconfermarlo, quando già preparava il tappeto rosso per il suo pupillo Seedorf, con tanto di assegno in bianco. La crisi di gioco e di risultati pesa come un macigno sugli umori e sul futuro, ed i nomi di Inzaghi, Seedorf, Mangia e Prandelli girano come avvoltoi intorno al malcapitato Allegri, ormai un Dead Man Walking.
Stasera i rossoneri saranno di scena al Camp Nou, teatro di grandi successi del Milan di Sacchi e del trio olandese. Il 24 maggio 1989, in finale contro la Steaua Bucarest, i Casciavit tornarono sul tetto d'Europa dopo 20 anni; e proprio a Barcellona, i rossoneri si guardano allo specchio 24 anni dopo e si scoprono invecchiati, quasi irriconoscibili.
Il primo sacrificato di lusso potrebbe essere Ariedo Braida, d.s. anch'egli di lungo corso. Le sirene di mercato confermano il serio interesse di via Turati per Daniele Pradè, una volta alla Roma ed ora uno degli artefici della grande rinascita della Fiorentina, in grado di portare a Firenze giocatori del calibro di Rossi e Gomez, oltre al colpaccio Cuadrado. In prima fila anche Sean Sogliano, che a Verona ha regalato a Mandorlini un organico che sta davvero stupendo tutti, grazie a colpi astuti come Iturbe, Toni, Romulo, Jankovic.
Come gestire l'inedita crisi di Governo in casa Milan? In 28 anni di presidenza, Berlusconi è sempre stato restio a cambiare la guida tecnica in corsa, e anche le ultime conferme di rito dimostrano come Allegri sia ancora sicuro del posto, nonostante le continue cadute in questo inizio di stagione. Ma il tecnico livornese sa bene di avere una precisa data di scadenza, ovvero il 30 giugno 2014: il suo contratto non verrà rinnovato e da quel momento si aprirà veramente il toto allenatore. Difficile anche prevedere quale sia il futuro dirigenziale dopo la sparata dell'ereditiera: le sue parole non sono di certo passate inosservate e qualche cambiamento ci sarà, a partire da una più fitta rete di osservatori per migliorare la base del settore giovanile. Tutto passerà per la mani di Silvio Berlusconi, che già nei mesi scorsi aveva auspicato un cambio di rotta; non ci sarà un'epurazione totale, ma qualcosa cambierà. D'altronde, se vogliamo che tutto rimanga come e', bisogna che tutto cambi.