Giulia Di Camillo, centrocampista del Calcio Femminile Chieti, con un passato nelle nazionali Under 17 e Under 19, è intervenuta in esclusiva ai microfoni di Catania Vavel News, trasmissione radiofonica sportiva legata a Vavel Italia, in onda ogni venerdì sulle frequenze di Radioforyou, e condotta da Andrea Motta, Serena Calandra e Gabriele Mirabella. La calciatrice abruzzese ha parlato della sua carriera e fatto il punto della situazione sul calcio femminile nel nostro Paese.
Giulia, iniziamo con una breve parentesi sul la Serie A maschile. La nostra trasmissione ci “impone” di chiederti un parere sul Catania.
“Il Catania è una buonissima squadra. Si tratta di una città che merita la Serie A, è una grande piazza. Purtroppo, quest’anno la formazione rossazzurra non è partita al massimo, ma il campionato è ancora lungo. L’obiettivo è quello della salvezza e sono convinta che alla fine riuscirà nell’impresa”.
A proposito della Sicilia. Una settimana fa, con il tuo Chieti hai superato il Palermo e hai segnato anche una bella doppietta.
“Abbiamo battuto una squadra molto ostica. Basti pensare che l’anno scorso abbiamo perso sia all’andata che al ritorno. Quest’anno li abbiamo affrontati in maniera determinata e, infatti, è arrivato un risultato molto incisivo, importante soprattutto per il morale. Siamo una squadra molto giovane, con grandi ambizioni e questa vittoria ci aiuterà ad affrontare le prossime gare con più consapevolezza nei nostri mezzi”.
Passiamo alla tua carriera. Hai esordito giovanissima in Serie B, che allora era la terza divisione.
“Sì, a 14 anni sono scesa in campo per la prima volta con l’Ariete Calcio, compagine del pescarese. In quegli anni il sabato giocavo con la Primavera e la domenica con la prima squadra. Molto stressante ma, allo stesso tempo, molto incoraggiante: fosse per me giocherei ogni giorno”.
Poi, hai iniziato a fare il giro del nostro Paese.
“È vero. A 16 anni sono andata a Perugia per giocare in A2, che all’epoca era la seconda divisione. Ho vissuto lontano da casa, vivendo un’esperienza che mi ha formato anche sotto il profilo umano. Dopo due anni, mi hanno fatto le valigie per spedirmi a Siena, dove ho coronato il sogno di vincere il campionato e approdare in Serie A. Il sogno, però, è svanito subito perché il club toscano è fallito, non riuscendo a iscriversi al torneo. Si tratta, comunque, di un traguardo importante, perché non capita tutti gli anni di vincere un campionato”.
Il gol più importante, però, l’hai segnato ad agosto in Coppa Italia contro una nobile decaduta, la Lazio.
“Sì, i capitolini hanno una storia straordinaria, ma ho segnato gol più decisivi. Quella rete è speciale per un altro motivo: l’ho dedicata a mia nonna, scomparsa due giorni prima. In un momento di lucidità, mi aveva detto che domenica sarebbe venuta a vedermi giocare e che avrei segnato il gol della vittoria. L’ho dedicato a lei”.
I tuoi idoli sono Totti e De Rossi. Nel calcio in “rosa”, invece, chi sono i tuoi modelli?
“Stimo molto Melania Gabbiadini, la sorella di Manolo, attaccante della Sampdoria. Mi piace perché è una punta completa. Il mio idolo, però, gioca con me: è Valentina Di Marco, trequartista e nostro valore aggiunto. Grazie alla sua esperienza il Chieti può fare il salto di qualità”.
Il calcio femminile è ancora poco conosciuto in Italia. Che preparazione ricevono le giovani calciatrici?
“La situazione è tragica: molte ragazze non hanno nemmeno la possibilità di fare scuola calcio. Al Nord, però, tutte le squadre femminili hanno un settore giovanile. Si parte dai primi calci e si arriva alla prima squadra. Così, le ragazze sono preparate ed entrano subito nell’ottica del calcio femminile, che è completamente diversa da quella maschile. Al Sud, invece, le ragazzine sono costrette a giocare fino a 13 anni nelle squadre maschili per poi venire catapultate nel calcio femminile senza la preparazione adeguata”.
Ormai, sempre più donne seguono il calcio, ma i pregiudizi sono ancora all’ordine del giorno.
“Sì, è vero. La maggior parte delle persone critica per sentito dire, senza aver mai guardato una partita di calcio femminile. Dicono che la donna non è adatta per questo sport o, peggio ancora, non sa giocare a calcio. È tutta una questione di pregiudizi, perché posso confermare che ci sono donne con molta più qualità degli uomini.
La differenza, quindi, è fisica.
“Proprio così. L’uomo è più forte fisicamente, quindi il confronto non può esserci, se no avremmo giocato campionato misti”.
In alcune nazioni, però, esiste il professionismo.
“Questo è un altro fattore importante. Negli Stati Uniti, in Germania e in Spagna la donna può essere una calciatrice a tutti gli effetti. Può farlo come mestiere, insomma. In Italia, invece, oltre a giocare a calcio, noi donne studiamo, lavoriamo, siamo mamme e mogli. Ma penso che, con il tempo, diventerà professionistico anche in Italia, perché si stanno mettendo delle buoni basi”.
Si tratta di una misura necessaria visto che anche in Asia, ormai, il calcio femminile sta assumendo un ruolo di primo piano, come abbiamo visto l’anno scorso alle Olimpiadi di Londra.
“Sì, la nazionale giapponese è tra le più attrezzate e all’avanguardia. Quando l’Italia riesce a qualificarsi e a disputare competizioni iridate è svantaggiata perché la forza fisica di una professionista è superiore di quella di una dilettante”.
Questo può essere un freno anche per lo sviluppo della carriera delle calciatrici?
“No, ne conosco tante che riescono a giocare fino a 40 anni. Il nostro capitano, per esempio, ha 31 anni, due figli, ed è tornata a giocare senza problemi dopo aver partorito. Quasi tutte riusciamo a giocare fino ad almeno 30-35 anni.
Hai 22 anni e ancora tanto tempo per realizzare i tuoi sogni sportivi. Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
“Riuscire a disputare la Serie A e conquistare la maglia della Nazionale allenata da Antonio Cabrini. Nella vita, tutto è possibile: io ci credo”.
L'audio dell'intervista a Giulia Di Camillo è disponibile a partire dal minuto 48 del seguente video.