La Danimarca si giocherà l'ingresso agli ottavi di finale nel match verità da disputare contro la Francia. Anche un solo punto, premierebbe la selezione allenata da Age Hareide, ma i primi 180' minuti russi hanno deluso le attese di una squadra presentatasi al nastro di partenza della rassegna intercontinentale come una delle possibili sorprese. Quattro punti in due partite sono un buon bottino, chiaro, ma è il come sono stati conquistati che fa storcere il naso: contro il Perù il gol di Poulsen ha salvato capra e cavoli, in un match spigoloso che ha visto i sudamericani più volte sfiorare il gol ed i danesi soffrire tanto.
Stesso copione ieri a Samara, con l'Australia che ai punti avrebbe meritato ben più dell'1-1 conquistato. Eriksen ha sbloccato il risultato agli albori del match, poi però è scomparso. Per tutto l'arco del match non è mai riuscito ad imprimere la sterzata di classe ed imprevedibilità alla squadra, troppo piatta, abulica, per essere giudicata in maniera positiva. Il ct norvegese ha confermato il 4-2-3-1 come sistema di gioco, gli uomini messi in campo sono sembrati anche quelli giusti al posto giusto, ma è mancata la verve agonistica, la cattiveria in molti degli undici interpreti. Si è giocato poco con la palla a terra, il fantasista del Tottenham è finito ben presto soffocato tra le due linee australiane di difesa e centrocampo, mentre Poulsen e Sisto, gli uomini che avrebbero dovuto creare superiorità numerica, hanno fatto molto fumo, e davvero poco arrosto. Il sud-sudanese ha perlomeno tentato qualche timida conclusione, invece il giocatore del Lipsia è stato addirittura deleterio, in quanto oltre ad incidere pochissimo, ha anche propiziato il calcio di rigore realizzato magistralmente dal capitano barbuto dei Socceroos, Jedinak.
Poca forza di volontà, poco movimento senza palla. La "Danish Dynamite" non si è praticamente mai vista. Va detto, comunque, che l'Australia di Van Marwijk ci ha messo del suo per imbrigliare la manovra danese, facendo tanta densità a centrocampo ed ostruendo tutte le possibili linee di passaggio ad Eriksen e compagni. La conseguenza di tutto ciò è presto descritta: la Danimarca, in molte circostanze, è stata costretta a saltare il centrocampo provando ad inizializzare l'azione dai difensori, ma fin quando a lanciare palla in avanti è stato Kjaer, dai piedi buoni, il risultato è stato discreto, ma quando è toccato ai vari Christensen, Stryger Larsen o Dalsgaard, tutto si è complicato dannatamente.
Resta in ogni caso una Danimarca interessante, dal talento cristallino, che però non è stato ancora riversato sul rettangolo verde. Per fare strada in questo Mondiale, c'è bisogno che il genio di Eriksen si svesta dai panni di 'creatura prudente' ed inizi a prendere per mano i compagni. Questa è la chiave, sognare o vivere di rimpianto, è sottile la linea di confine.