E’ una giornata piovosa, una di quelle in cui l’estate si prende una piccola pausa prima di entrare dalla porta principale. Non è la giornata da “Start” del Mondiale, non ci sono quei colori e quelle atmosfere tipiche di un rintocco lungo quattro anni, linea spartiacque di un’esistenza circolare. Non è il caso di infilare, senza permesso, il dito nella piaga nel giorno in cui la Russia pianta nuovamente la sua bandiera al centro del mondo, lo fa per la prima volta sotto l’aura celestiale di quell'oggetto sferico e di quell'oro che scalda anche la zona più fredda.
Non è una nazione la Russia, ma un continente che affaccia verso 32 lidi diversi, verso galassie pronte a scontrarsi ancora una volta per issare la forza, per dominare e per lasciar sognare un uomo, una donna e un popolo intero come se fosse un'epopea infinita. La clessidra si sta svuotando, tra poche ore si aprirà quello squarcio spazio-temporale che da sempre ha scandito i tempi e i momenti delle nostre vite, dislocate e unite da un ricordo che quest'anno, questa volta, non avrà tinte azzurre. Saranno i balconi spogli di bandiere e raccattare le delusioni del peggior autunno della storia del calcio italiano, l’orologio del calcio verde-bianco-rosso spostato indietro di sessant'anni. Dalla Svezia alla Svezia, tanto per sottolineare la circolarità di una araba fenice chiamata palla, di un fato che si diverte e scherza modellando situazioni a proprio piacimenti.
Sarà, anzi, è l’estate del ventunesimo Mondiale, l’estate dell’evento più importante dell’anno e un’estate in cui le birre e le grandi compagnie saranno spettatrici non paganti di gioie e dolori altrui. Osserveranno i campioni in carica della Germania, l'allegria di un Brasile solido e le speranze di Argentina e Portogallo riposte in quei due signori che dominano il calcio europeo. La giovinezza della Francia e l’imprevedibilità di Belgio, Inghilterra e Croazia, la democrazia della Spagna e le cenerentole pronte a prendersi un posto sul pianeta che sia direttamente proporzionale ai sogni di gloria di un bimbo che osserva estasiato.
La partenza non rappresenta più il futuro, ma un presente che non è mai stato cosi vicino, di una Russia che non è mai stata cosi calda e un’Italia mai cosi gelida. Sopravvivere è un obbligo, godersi lo spettacolo più indescrivibile è un lusso, un piacere ed un onore. Perché si scriverà ancora la storia del calcio e dell'esistenza e noi saremo pronti a leggerla, con passione, trasporto ed emozione. Buon Mondiale a tutti!