Il Brasile del 1970 è considerata una delle nazionali più forti di sempre ad aver alzato la Coppa del Mondo. Era la selezione dei cinque numeri dieci: Gerson, Pelé, Rivelino, Tostão e Jairzinho, tutti in campo assieme, contemporaneamente. Nel Mondiale messicano i verdeoro festeggiano il loro terzo titolo iridato in dodici anni, tutti griffati Pelè, ma nell'albo d'oro, come commissario tecnico di quel Brasile, non figura João Saldanha, bensì Marìo Zagallo, che il primo titolo lo ha vinto da giocatore. Nonostante l'ex ala sinistra sia effettivamente il cittì che sedeva su quella panchina durante la spedizione messicana, il merito di quella vittoria va iscritto quasi totalmente a Saldanha, un uomo particolare, con una storia ancor più particolare che merita di essere raccontata. 

La storia di João con le panchine è breve, ma significativa. Saldanha intraprende per la prima volta la carriera da allenatore con il Botafogo, una squadra all'epoca in netta crisi, priva di campioni, tanto che il classe 1917 coniò questa espressione per motivare i propri giocatori: "Chi non è il più forte deve essere il migliore". All'insegna di questo motto, il Botafogo vinse il campionato statale al primo anno con Saldanha in panchina, ma l'avventura del tecnico terminò due anni dopo a causa delle cessioni di Paulo Valentim e Didi, causa scatenante delle sue dimissioni. Da lì in poi, João non si sedette più su di una panchina. Saldanha intraprese la carriera da giornalista sportiva che lo rese famoso in tutto il paese. Articoli pungenti sulla selezione verdeoro protagonista di scandali di droga, razzismo e omosessualità, gli garantiscono la fama, ma anche il suo carattere fumantino e, soprattutto, la fede comunista lo consacrano nel Brasile di quegli anni, caratterizzato dalla dittatura militare tenuta in piedi dal generale Emìlio Garrastazu Mèdici. La sua partecipazione a tutti gli eventi storici del comunismo, dalla rivoluzione di Mao alla guerra di Corea, ne fanno un paladino del politica rossa in Sud America, ma questo non frena João Havelange dal nominarlo commissario tecnico di una nazionale reduce dal dramma del 1966. 

Nel 1968 viene creata la CoSeNa, la Commissione Selezionatora Nazionale, un organo preposto alla compilazione delle liste dei giocatori convocabili. Questo ente nasce dopo il clamoroso errore di Feola del 1966 (convocò il Ditao sbagliato, quello del Flamengo) e anche grazie all'intenzione di Havelange di dare una struttura simil-militare alla federazione brasiliana. La scelta di Saldanha arriva grazie all'alta considerazione che ha di lui il presidente della federcalcio verdeoro, che lo considera uno dei massimi conoscitori di calcio del paese e ammira il suo spirito indomito, schietto, critico, ma efficace. Alla prima conferenza stampa della sua carriera da selezionatore, Saldanha, fa già colpo e stupisce tutti quelli che fino al giorno prima erano suoi colleghi. Dalla tasca estrae un foglietto su cui sono scritti svariati nomi, ben presto si capisce che sono i titolari e le riserve del Brasile per il 1970. Saldanha aveva deciso la squadra iridata ben un anno e mezzo prima del calcio d'inizio del Mondiale. Così inizia il suo regno. Quattrocento giorni che plasmarono una delle più forti squadre di sempre. 

Saldanha durante un match | Twitter @enunabaldosa
Saldanha durante un match | Twitter @enunabaldosa

Il primo problema per il nuovo commissario tecnico è anche il più spinoso: Tostão o Pelè? Negli ultimi due anni O'Rey aveva lasciato il passo al più giovane attaccante del Cruzeiro, ma Saldanha stupisce tutti e sceglie, non solo di convocare entrambi, bensì di farli giocare contemporaneamente. Al loro fianco ci saranno poi Rivelino, Gerson e Jairzinho a comporre il quintetto di numeri dieci che farà le fortune di questa squadra. La filosofia di Saldanha era una e per la verità anche abbastanza chiara, oltre che moderna: "Nessuno è proprietario di una zona del campo, non esistono posizioni fisse". Il Brasile di Saldanha domina gli avversari, li annichilisce, la ginga torna a dominare il palcoscenico dopo il 1958 ed il 1962 e i verdeoro vincono tutte le partite di qualificazione al Mondiale messicano ed anche tutte le amichevoli, tra cui quella contro i campioni del mondo dell'Inghilterra. 

La rivoluzione di Saldanha comincia così, in quella conferenza stampa, con quei nomi stampati nella mente dei cronisti presenti e sembra essere destinata alla vittoria, se non che qualcosa, all'alba delle convocazioni inizia dare segni di cedimento. Il carattere fumantino dell'ex cronista comincia ad infastidire qualcuno ed il primo ad andarsene è il suo allenatore in seconda, ma il vero problema nasce quando Mèdici impone la convocazione di Dadà Maravilha (o Darìo, se preferite) scontrandosi ovviamente con il secco rifiuto del commissario tecnico che liquidò così la questione: "Il presidente scelga i ministri e lasci stare le cose serie". Non certo la miglior risposta da dare ad un generale militare alla guida di una dittatura. 

Termina così il regno di Saldanha, ufficialmente per la sconfitta contro l'Argentina e l'esclusione di Pelè che combatteva con i problemi alla vista, ed inizia quello di Marìo Zagallo che con gli stessi uomini indicati dal gaucho, più Dadà (che non giocherà nemmeno un minuto, nda) vince il Mondiale messicano passando alla storia anche grazie alla penna di chi, solo pochi mesi prima, era seduto su quella panchina.