C'è un'intera generazione di appassionati di calcio, più o meno formata dagli attuali teenagers, che pensando ai Mondiali ha poche ma limpide immagini impresse nella mente. Lo sguardo di Grosso prima del rigore decisivo nel 2006, l'esultanza sfrenata di Iniesta dopo il gol-vittoria nel 2010, il Mineirazo. Il Brasile, in casa, da grande favorito della vigilia, arriva in semifinale e perde 1-7 in favore della Germania. Sono passati 1422 giorni da quella partita ma tendenzialmente tutti ricordiamo cosa stavamo facendo quando siamo venuti a conoscenza di quel risultato così assurdo ma, al contempo, preventivabile.

Anche il signor Adenor Leonardo Bacchi - meglio noto come Tite - ricorda perfettamente cosa stava facendo. Lui era lì sugli spalti in quel tardo pomeriggio di luglio, da allenatore esperto ma che si era riconosciuto un po' antiquato e perciò si era preso un anno di pausa, per migliorarsi. Una grande prova di umiltà per un uomo che aveva già vinto una Copa Libertadores e, l'inverno dopo, anche il Mondiale per Club. Nella stagione successiva, richiamato sulla panchina del Corinthians dove aveva ottenuto i trionfi di cui sopra, "Cici" (in portoghese il suo soprannome si pronuncia così) vincerà il campionato nazionale battendo il record allora vigente di punti totalizzati in una sola stagione. Poi la chiamata della CBF nel 2016 a cui un brasiliano appassionato di calcio, giunto al massimo della propria esperienza da allenatore, non avrebbe mai potuto dire di no. Ed ora, c'è un popolo intero che ha messo nelle sue mani una missione: riscattare, agli occhi di tutti, l'immagine della selezione più vincente di sempre in ambito calcistico.

Non è soltanto un gioco

È una tendenza diffusa in tutto il Sudamerica quella di dare tanta, tanta importanza a ciò che avviene nell'ambito calcistico. In Brasile tutto ciò è sempre stato accentuato, perchè il pallone ha prima di tutto qui un valore sociale. Ecco perchè dopo l'eliminazione ai gironi nella Copa América Centenario non si poteva andare avanti con Dunga, con così poche garanzie di arrivare in Russia, e una volta lì fare quello che ora bisogna fare. Garanzia è più o meno sinonimo di Tite, un allenatore che ha impiantato un sistema di gioco difensivo anche forzando la mano con elementi più votati all'attacco, ed ha deciso di liberare tutto il talento offensivo del proprio 4-3-3 solo in contropiede. Una scelta non popolarissima, ma che ha portato la Seleçao a dominare il girone CONMEBOL di qualificazione, raggiungendo ad un certo punto addirittura otto vittorie consecutive.

Soprattutto, ha portato ad una mini-vendetta nei confronti dei tedeschi. Attenzione a sottovalutare, dal punto di vista mentale, la vittoria del 27 marzo scorso dei verdeoro all'Olympiastadion, per 0-1 con gol di Gabriel Jesus. Anche dalle dichiarazioni di tanti giocatori, è piuttosto percepibile come il gruppo lo percepisse come un test importante, superato concedendo un solo tiro nello specchio della porta; tra l'altro, pure in quest'occasione, la squadra ha fatto a meno di Neymar, esattamente come nel 2014. Con un risultato ben diverso. Adesso, l'ambizione dei tifosi brasiliani è davvero quella di alzare il trofeo a luglio, perchè l'ambiente si sente pronto: è come se, a marzo, si fosse riusciti a scrollarsi via una specie di ombra dalle spalle.

Ed ora?

Costa Rica, Serbia e Svizzera. In tre partite su tre nel girone il Brasile parte (stra)favorito, in tre partite su tre ha però contro avversari potenzialmente scomodi, vuoi per il valore di alcuni singoli o per l'organizzazione di gioco complessiva. È comunque facile immaginarsi una squadra inizialmente più sbilanciata in avanti in questi frangenti; dopo i gironi riconosceremo la stessa squadra vista durante le qualificazioni - perchè non superare il girone al momento non è nemmeno un'ipotesi per questo gruppo. Nelle gare, è lecito aspettarsi che il talento faccia spazio alla solidità. Non che di talento ce ne sia poco, in ogni caso. Ed a tal proposito, diamo uno sguardo ai 23 scelti da Bacchi per il Mondiale.

Portieri: Alisson, Ederson, Càssio;

Difensori: Danilo, Fagner, Thiago Silva, Marquinhos, Miranda, Geromel, Marcelo, Filipe Luis;

Centrocampisti: Paulinho, Renato Augusto, Casemiro, Fernandinho, Coutinho, Fred;

Attaccanti: Willian, Douglas Costa, Gabriel Jesus, Roberto Firmino, Neymar, Taison.

La linea delle scelte è stata abbastanza coerente, votata a confermare per la maggiore quel gruppo che ha partecipato più intensamente alle partite di qualificazione. Così si spiegano le assenze di David Luiz ed Alex Sandro, cui sono stati preferiti rispettivamente Geromel (roccioso difensore di 190 centimetri) ed un Filipe Luis reduce da un grave infortunio. Per motivazioni simili non c'è nemmeno un altro giocatore della Serie A, Allan, pur reduce da una grande annata, alla pari di Fabinho, escluso però per due top del ruolo come Casemiro e Fernandinho. In avanti i dubbi sono sempre stati pochi: solo Malcom e Lucas Moura potevano sperare di scalzare Taison, alla fine fattosi preferire in virtù di una grande stagione. Gli altri, tutti intoccabili.

Come si sarà notato, il percorso del Brasile è stato grande, quasi perfetto, nella sua grande linearità. Tramite pochi concetti chiave, Tite ha trasmesso il proprio credo ad un gruppo che rappresenta certamente una materia prima di enorme qualità. Ora starà principalmente ai giocatori entrare nella leggenda, e l'unica maniera per pensare di farlo davvero è sollevando al cielo russo la Coppa del Mondo la sera del 15 luglio. Solo così, si potrà cancellare la pagina più nera nella storia della Seleçao e se ne scriverà un'altra, rigorosamente a tinte verdeoro.