"Tiri utili solo a riempire il foglio delle statistiche", disse tre settimane fa Josè Mourinho dopo lo stiracchiato 0-0 del suo Manchester United al Ramon Sanchez-Pizjuàn contro il Siviglia di Vincenzo Montella, nella gara di andata degli ottavi di finale di Champions League.

Non sono stati tiri per le statistiche, bensì per la qualificazione, le due stoccate di Wissam Ben Yedder, il piccolo giustiziere dei Red Devils ieri sera a Old Trafford, l'uomo che ha mandato al tappeto il tecnico portoghese e ha rilanciato l'italiano, reduce da una stagione a dir poco turbolenta, tra l'esonero al Milan e l'apprendistato andaluso. Stavolta non è bastato a Mou David De Gea, portiere spagnolo superlativo all'andata, a evitare una debacle inattesa, che modifica ogni valutazione sulla stagione dello United. Anzi, proprio l'estremo difensore United, non impeccabile in occasione del secondo gol di Ben Yedder, ha contribuito allo scacco matto operato ai danni del suo allenatore. Già, perchè Mourinho ha perso una partita a scacchi. Ha giocato con il fuoco, mettendo in campo una formazione titubante, a metà del guado tra l'attaccare a testa bassa e il difendersi in maniera compatta per evitare di subire gol e costringersi alla rimonta. Ne è derivato uno United difficile da decriprare, al di là degli interpreti. Il giorno dopo sono tutti sul banco degli imputati, da Romelu Lukaku, centravanti potente ma non sempre preciso, ad Alexis Sanchez, giunto dall'Arsenal per giocare su palcoscenici ancor più importanti di quelli garantiti dai Gunners e incredibilmente anonimo nella serata che contava. Passando per Paul Pogba, mister cento e passa milioni di euro, ma ormai un mistero, per usare uno scontato giro di parole. Il francese si è perso in leziosismi e giocate poco produttive, in contrasto con il suo allenatore e in panchina ieri, salvo entrare nel secondo tempo e non far rimpiangere la sua assenza. Ma se dei singoli è utile parlare in ottica futura (Valencia, Smalling, Young sono i simboli di una squadra che deve rinnovarsi ancora), la sconfitta di ieri è di Josè Mourinho. Troppo difensivo, per certi versi antiquato, il gioco del suo United: il portoghese non ha mai preteso di offrire spettacolo ma, quando neanche i risultati sono dalla sua, in un ambiente storicamente attento alla qualità complessiva (come quello di Manchester, ma anche di Madrid in precedenza) ecco aprirsi il fuoco di fila.

Magari non ci saranno ora hashtag #Mourinhoout, come nel caso del suo rivale Arsene Wenger, ma la lezione subita ieri fa tornare di attualità le discussioni sul reale valore di questo United. Secondi in campionato, i Red Devils stanno cercando di ripartire dopo il brusco stop del post Alex Ferguson. Impresa tutt'altro che facile, soprattutto in Europa, dove non basta comprare grandi giocatori e metterli in campo per sperare di arrivare in fondo alla competizione (ogni riferimento al PSG è fortemente voluto). Mourinho ha annunciato cambiamenti importanti a partire dalla prossima estate: come dire che gli sforzi fin qui profusi sul mercato non bastano. Ci vuole di più, il pensiero del vate di Setubal, che non manca di sottolineare i mercati faraonici dei cugini del City del rivale Pep Guardiola. Retroguardia e centrocampo sono obiettivamente rivedibili ad alti livelli, Pogba è stata una scelta folle, numeri alla mano, ma anche il gioco deve migliorare, per non rimanere ancorati a un passato che non tornerà più e che, peraltro, si fa anche un po' datato. Quando le squadre di Mourinho perdono, si tende a concentrarsi sulla sconfitta (o fallimento, che dir si voglia) del portoghese e dei suoi giocatori. Stavolta è il caso di celebrare il Siviglia di Vincenzo Montella, capace di palleggiare con autorevolezza a Old Trafford, con N'Zonzi a dirigere il traffico in mezzo al campo, Banega a dare qualità nella zona nevralgica, Sarabia, Vazquez e Correa a supportare Luis Muriel, imprevedibile attaccante colombiano. L'ex Udinese e Sampdoria ha lavorato ai fianchi i due centrali avversari, Ben Yedder li ha messi k.o. con un uno-due micidiale, modificando il ritmo del palleggio del Siviglia, squadra in parte nuova ma comunque collaudata da anni di protagonismo in Europa League. Gli andalusi non saranno ora certo i favoriti per la vittoria della competizione, ma neanche una banda di sprovveduti, come qualche analista ha provato a descriverli, pronti piuttosto a rappresentare un calcio spagnolo che in Champions ha perso per strada l'Atletico Madrid ma che continua a farsi valere.

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Andrea Russo Spena
Laureato in giurisprudenza, con una passione senza confini per lo sport. [email protected]