Mercoledì si ritroveranno contro, con la fascia da capitano del proprio club al braccio e l'ennesima stretta di mano prima dell'ennesimo show. Buffon e Iniesta, due carriere leggendarie e simboli di Juventus e Barcellona che, come detto, si affronteranno mercoledì per la quinta giornata del Girone D di Champions League. Entrambe le squadre sono vicine al passaggio del turno con i catalani in testa al girone con 10 punti mentre i bianconeri occupano la seconda piazza con tre lunghezze di svantaggio. In attesa della sfida dell'Allianz Stadium i due capitani hanno rilasciato una doppia intervista, molto interessante, alla UEFA.
Si parte con Buffon con la questione ritiro: "Io probabilmente smetto quest'anno, dice il portiere della Juve, più che sicuro sono sereno. Sono tanto curioso della vita, quindi non ho paura di smettere. Non ho preso in considerazione l'idea di fare l'allenatore; non mi piacerebbe nemmeno fare la figura del burattino: se facessi il dirigente o ricoprissi un altro tipo di incarico lo farei soltanto quando mi sento pronto". Dal ritiro agli esordi: "Ho giocato fino a 12 anni a centrocampo, poi ai Mondiali del 1990 uno degli uomini simbolo del Camerun era Thomas N’Kono e volevo emularlo. Mi piacevano anche Zenga, Tacconi, Peruzzi, Toldo, Pagliuca, Marchegiani. Mio padre diceva che ero tagliato per fare il portiere". Poi spazio alle emozioni: "Sarei molto felice se uno dei miei figli volesse fare il calciatore: lo sport è una palestra di vita e allontana le tentazioni. Gli direi di divertirsi, con passione e serietà, cercando di capire presto se è la sua strada. Mi sto godendo gli ultimi anni della carriera perché ho più coscienza adesso, poi c'è il Mondiale vinto che è un ricordo meraviglioso. La mia ultima partita la immagino come la prima: con entusiasmo e orgoglio". Infine il sogno nel cassetto: "Quest'anno la Champions la vince la squadra che si troverà fisicamente e mentalmente a marzo in una condizione migliore, spero che sia la Juve".
Il capitano del Barcellona, invece, risponde così: "Giocherò finché non sarò stanco. Non ho paura, quando sarà il momento lo accetterò: tutto nella vita ha un inizio e una fine, l'importanza è godersi il tragitto. E' un po' presto per pensare di fare allenatore, il ruolo di dirigente non l'ho mai considerato. Mi piacerebbe se uno dei miei figli diventasse un calciatore. Gli consiglierei di basare tutto su fiducia, lavoro e umiltà: gli stessi valori positivi della vita. I miei idoli erano Guardiola e Laudrup. Mi sento fortunato ad aver vissuto da sportivo l'apice del mio club e della nazionale. L'ultima partita la immagino come un momento emotivo, incredibile a livello personale, con l'orgoglio per tutto quello che ho vissuto. Champions? Spero e vorrei che la vincesse il Barcellona".