Sembra una Spagna rigenerata, la nazionale che Julen Lopetegui ha allestito per la campagna di Russia 2018, per un nuovo assalto al titolo mondiale, vinto in Sudafrica nel 2010 e poi difeso malamente in Brasile, nel 2014. Una grande avventura, vissuta attraverso la lunga esperienza di Vicente Del Bosque, campione anche in Europa nel 2012, che ha però salutato la Selecciòn al termine dell'ultima rassegna continentale, quella andata in scena in Francia non più tardi di sedici mesi fa.
Dall'eliminazione con l'Italia a Saint-Denis sembra passato un secolo, sia considerando le attuali condizioni degli azzurri, aggrappati al ritorno degli spareggi playoffs contro la Svezia, sia per la capacità di rinascere delle Furie Rosse, che si sono affidate a un allenatore forse non noto al grande pubblico, ma abile a miscelare il vecchio e il nuovo del futbol spagnolo. Di questo cocktail tra veterani e giovani si è avuta dimostrazione ieri, in un'amichevole stravinta a La Rosaleda di Malaga contro il Costa Rica (5-0 lo score conclusivo, con reti di Jordi Alba e Alvaro Morata nel primo tempo, di David Silva, doppietta, e Iniesta nella ripresa). Contro i centramericani Lopetegui ha schierato una formazione estremamente interessante, priva solo di un paio di titolari, come David De Gea e Dani Carvajal. In porta l'estremo difensore dell'Athletic Bilbao, Kepa Arrizabalaga, giovane promessa già nel mirino del Real Madrid, difesa a quattro con Alvaro Odriozola e Jordi Alba sugli esterni, Gerard Piquè e Sergio Ramos centrali, Busquets perno della mediana, e i vari Iniesta, Thiago Alcantara, David Silva e Isco a supporto dell'unica punta Morata. Un 4-1-4-1 che sembra riproporre quello del lontano 2008, quando in panchina c'era Sergio Aragonès e da centravanti Fernando Torres. Ora il bomber è Alvaro Morata, sempre più rimpianto dal Real Madrid, che in questo momento è costretto a fare i conti con i numeri deprimenti di Benzema e Ronaldo. Ma se Morata è in costante ascesa, rimane il centrocampo il reparto che fa fare la differenza alle Furie Rosse: l'addio al calcio che conta di Xavi e il viale del tramonto di Iniesta (sempre baciato dal sole) non hanno intaccato la buona riuscita del ricambio generazionale tra mezze ali e trequartisti.
Nella sua Malaga, è stato ancora una volta Isco, come accaduto anche contro l'Italia al Santiago Bernabeu il 3 settembre scorso, a rubare la scena, con un recital dei suoi, non accompagnato dal sigillo personale, ma da tutto il resto, vale a dire da giocate da primissimi giocatori al mondo. Isco rappresenta la nuova generazione del centrocampo spagnolo, insieme a Thiago Alcantara, ormai sbocciato ad alti livelli, mentre Iniesta e David Silva portano in alta la bandiera dei veterani, un po' come Sergi Busquets nel suo ruolo di volante davanti alla difesa. E dalla panchina scalpitano Marco Asensio, Saùl e Iago Aspas (ieri out Koke per infortunio), tanto per fare qualche nome. Per non parlare dei vari Luis Alberto, Suso e Callejòn, che nel campionato italiano sono tra i leader delle rispettive squadre. Backup di Morata, il valencianista Rodrigo, protagonista di un gran avvio di Liga nella formazione di Marcelino Garcia Toral. In difesa, in assenza di Dani Carvajal, è ormai il basco della Real Sociedad Alvaro Odriozola a rubare l'occhio, con la sua facilità di corsa, le sue sovrapposizioni e i suoi cross a getto continuo, mentre sull'altra corsia è rinato Jordi Alba, altro giocatore rigenerato rispetto alla passata stagione, grazie alla cura Ernesto Valverde al Barcellona. I due centrali, al netto delle polemiche politiche su Piquè, sono una garanzia: ecco perchè la Spagna si avvicina a Russia 2018 tra le principali favorite. Tante stelle, ma soprattutto un sistema di gioco che non si è mai modificato nel corso degli anni: possesso palla e grande organizzazione, per una nazionale che ha da almeno un decennio una sua chiara identità, e che deve solo gestire i cali atletici di qualche giocatore chiave.