Fuochi artificiali a Stoccarda, alla Mercedes-Benz Arena. La Germania diverte e si diverte, ma soprattutto impressiona per tranquillità, sicurezza e capacità di dominare le partite sul piano tecnico e mentale. L'ultima vittima, la Norvegia, torna sui fiordi con un bottino di sei reti al passivo e può anche dirsi fortunata a non aver toccato picchi peggiori. Una Nazionale, quella tedesca, che rispecchia il proprio paese: l'efficienza portata fino al limite, che va a cancellare ogni tipo di superficialità, comprese quelle di Draxler ed Ozil, due giocatori che quando indossano la maglia bianca si trasformano, diventano quasi essenziali, incredibilmente concreti.
Le migliori notizie, per l'ennesima volta, giungono però dai più giovani, da chi ha meno esperienza a livello internazionale. Esempio calzante è Timo Werner, sei reti in otto partite con Die Mannschaft. Non ha mai disputato un minuto in una competizione europea a livello di club, ma si è già laureato capocannoniere della Confederations Cup 2017 ed è già la nuova punta titolare della Nazionale: in Russia l'estate prossima ci tornerà da protagonista e non più come astro nascente.
Nel complesso le sei reti infilate alle spalle del povero Jarstein sono un manifesto ideologico di una squadra Nazionale diventata un Club aperto a tutti. Low non ha escluso nessuno dal proprio giro, ha puntato su tutti i meritevoli, dal più giovane - come l'acerbo classe 1997 Henrichs, terzino destro di enormi prospettive ma con altrettante lacune al momento - al veterano appena uscito dal guscio - Sandro Wagner, classe 1987, riuscito a ritrovarsi in due anni da protagonista in Bundesliga dopo una serie di catastrofi lungo tutta la sua carriera. Un turnover continuo per dare modo a tutti di comprendere la filosofia della Nazionale Tedesca, una filosofia che esula dalla tattica e dai numeri, ma si concentra sulla tecnica, sull'esaltare le capacità del singolo in un gruppo.
Un nucleo di presunti veterani intoccabili, meno di una decina, del quale i più anziani sono classe 1986 e 1985, rispettivamente Manuel Neuer e Mario Gomez (quest'ultimo sempre più in bilico data l'esplosione di Werner), circondato da giovani con più di qualche bella speranza o prospettiva rosea, bensì potenziali fenomeni fatti e finiti che in gran parte dei casi giocano in squadre rinomate tra Germania ed estero.
Iniziato dopo la delusione del mondiale 2006, il ricambio generazionale è entrato in un ciclo vorticoso che non accenna a fermarsi, vengono sfornati continui talenti pronti a prendere il posto dei predecessori. Il punto più alto la vittoria di Brasile 2014, ma a Russia 2018 le chances di ripetersi sono altissime: il biglietto da visita distribuito nel mondo nell'ultimo anno parla chiaro. Manca ancora l'altro biglietto, quello aereo, per le terre sovietiche; ci sarà ancora da attendere una giornata. Solo l'Irlanda del Nord sta guastando la festa a Low e ai suoi, quali governano il girone di qualificazione dall'alto, punteggio pieno, pronti a dettare legge anche al prossimo Mondiale. Die Mannschaft mica per caso.