Di fronte a certe cifre ci sarebbe solo da mettersi le mani nei capelli, controllare un'altra volta la veridicità e poi lasciar perdere virando su altri lidi. Gli anni, però, passano e di conseguenza mutano anche le cifre e soprattutto le disponibilità economiche da parte delle superpotenze di quello che, a tutti gli effetti, può essere considerato il primo business al mondo: il calcio. Questa doverosa prefazione non può che far riferimento alla vicenda che sta animando questa estate di calciomercato e che, sicuramente, avrà dei risvolti importanti nel breve e lungo periodo spostando equilibri economici e conti vari. Stiamo parlando, ovviamente, del trasferimento di Neymar al Paris Saint Germain che, stando alle ultime indiscrezioni, dovrebbe essere ufficializzato nei prossimi giorni.
Le cifre, ormai note e ripetute fino alla sfinimento dai mass media del settore, sono da capogiro così come i metodi di pagamento non proprio trasparenti da parte del club dello sceicco Al Khelaifi. Potrebbe essere, infatti, lo stesso Neymar a pagare la clausola di 222 milioni che lo lega al Barcellona, dopo aver ricevuto 300 milioni di euro dalla Qatar Sports Investment che farebbe di lui il testimonial principe dei Mondiali in programma nel 2022. Qatar Sports Investment è la società gestita proprio dal numero uno dei parigini Nasser Al Khelaifi e a quel punto sarebbe lo stesso Neymar a comprarsi il cartellino dal Barcellona. Un'operazione, come detto, non del tutto trasparente, ma efficace per aggirare il famoso Fair Play Finanziario.
Molti infatti si stanno chiedendo l'utilità del FFP visto che questa operazione farebbe crollare tutti i principi stilati dalla UEFA al momento della sua introduzione. L'anno della fondazione è il 2011 con il FFP nato per ridurre il divario economico tra le superpotenze del calcio Europeo e le altre squadre, spesso il principale motivo per cui le cosiddette piccole difficilmente riescono a raggiungere grandi risultati. Fu proprio l'acquisto di Cristiano Ronaldo da parte del Real Madrid (per 94 milioni) a spingere l'ex presidente UEFA Platini e i suoi collaboratori ad introdurlo. L’obiettivo primario, infatti, doveva essere quello di impedire che lo strapotere economico di poche squadre riducesse a zero le possibilità delle altre di competere ad alti livelli, impedendo di contrarre grossi debiti per finanziare il calciomercato. I punti cardine del FFP sono tre:
1) La mancanza di debiti arretrati verso altre società o autorità
2) La fornitura di informazioni finanziarie riguardanti il futuro
3) L’obbligo di pareggio di bilancio.
Il mancato adempimento di questi tre punti comporta l’esclusione da tutte le competizioni europee come accaduto qualche anno fa con Malaga e Besiktas.
Spostiamo la nostra attenzione sul lato economico vero e proprio: se prendiamo in considerazione il triennio 2015-2018, la Uefa consente un deficit di bilancio pari a 30 milioni. Partendo quindi dal biennio 2015 e 2016, il Paris Saint Germain ha investito nelle due sessioni di mercato 116,10 milioni di euro, ricavandone solamente 22,90 dalle cessioni per un passivo pari a 93,20 milioni. La scorsa stagione le spese sono però state addirittura maggior: 144,60 milioni investiti e solo 59,80 rientrati, per un passivo pari ad 84,80. L'operazione Neymar, dunque, potrebbe gravare ancora di più sul bilancio dei parigini, visto che l'operazione supererebbe i 600 milioni di euro: 222 di clausola, 80 di tasse, 150 (30 milioni all’anno) di contratto totale al giocatore ed altri 100 al padre, che già aveva incassato 40 milioni dalla cessione del figlio ai blaugrana. Il passivo del PSG di questa stagione rischierebbe quindi di andare pericolosamente oltre i 100 milioni e servirebbe rientrare da questa cifra entro autunno 2018. D’altro canto, però, il club francese non avrebbe alcun problema nella stagione in corso, visto e considerato che il Fair play finanziario non impedirebbe in alcun modo l’acquisto del brasiliano come spiegato precedentemente.
Occorre dunque rivedere in maniera approfondita una questione molto delicata, visto che l'operazione del secolo avrà dei risvolti clamorosi a breve e lungo termine con le avvisaglie che già sono in agguato. L'esempio più lampante riguarda il cartellino dei singoli giocatori con Mbappè che, appena diciottenne e con una stagione al top alle spalle, vale già 200 milioni. Numeri su numeri, valori che posso cambiare tremendamente il calcio sotto ogni sua forma, numeri che non essendo veritieri rischieranno di allungare ancora di più la forbice tra club più ricchi e club "benestanti". C'è bisogno di cambiare, dunque, e anche in fretta.
La UEFA ha già in mente qualche idea: al momento della sua elezione, Aleksander Ceferin aveva denunciato la presenza dei top player in poche squadre e la necessità di ricorrere a nuove misure, che potrebbero essere la Luxury Tax e il Salary Cap. La prima sarebbe una percentuale da pagare su cartellini e stipendi dei calciatori acquistati, oscillante tra il 10 e il 100%, mentre la seconda un limite al monte ingaggi. In aggiunta, la Uefa potrebbe introdurre un numero limite degli acquisti e dei prestiti in una sessione di mercato nella speranza che almeno in questo caso, una volta fatta la regola, non venga trovato l'inganno. Basterà per placare questa follia?