Circa un mese fa, l'Arsenal concludeva la propria stagione alzando sotto l'arco di Wembley la quattordicesima Fa Cup della propria storia, salvando un'annata che sembrava ad un passo dall'ennesima deriva. Il reale valore di quel 2-1 sul Chelsea si conoscerà verosimilmente durante la prossima cavalcata, anche se una piccola eredità l'ha già lasciata: il rinnovo biennale di Arsène Wenger. Al momento, per la dimensione a cui devono appartenere i Gunners, è ancora troppo poco, anche se la conferma dell'alsaziano rappresenta una certezza in vista della campagna 2017/18. Il rapporto tra il tecnico e la tifoseria, sotto certi aspetti logoro - anche se il pensiero di alcuni, seppur di una buona percentuale, non può rappresentare il pensiero di tutti - dovrà ri-decollare: un ambiente circostante sfaldato non è mai positivo per un gruppo di lavoro, soprattutto se il gruppo in questione è ancora ricolmo di interrogativi, specialmente sul mercato.
Se la scelta di confermare Wenger, considerate le poche, pochissime valide alternative sul mercato degli allenatori, sarà giusta o meno, lo scopriremo soltanto tra undici mesi, non di certo a fine agosto, anche se il mercato estivo in cui i Gunners si sono lanciati stenta ancora a decollare davvero. Paradossalmente, migliorare una squadra che ha chiuso al quinto posto il campionato e che è stata presa a ceffoni dal Bayern Monaco in Champions è arduo, soprattutto perché questo miglioramento passa da un paio di incognite di lusso (in tutti i sensi) quali i rinnovi contrattuali di Mesut Ozil ed Alexis Sanchez, in scadenza nel 2018. Due rebus al momento non vicini ad una soluzione.
Nei giorni scorsi è emersa una regola di financial fair play che vieta ai club di Premier League di sforare il tetto dei 7 milioni di sterline per i rinnovi da una stagione all'altra, a meno che questi non abbiano generato entrate positive da calciomercato, introiti derivanti dai match-day (biglietti delle partite, in soldoni) e altre operazioni commerciali. Il non brillante 2017 potrebbe lasciar presupporre che, nella riga dell'Arsenal, il segno "più" non sia presente, ma i fattori sono molteplici e probabilmente nessuno oltre a Wenger e Gazidis, il direttore esecutivo del club, può fare i conti e conoscere la realtà dei fatti. Sia il tedesco che il cileno avrebbero chiesto alla società un quasi raddoppiamento dell'ingaggio, dai circa 7-8 milioni di Sterline annui che percepiscono attualmente a una cifra che si attesterebbe intorno ai 15. Va da sé che, nel caso in cui il bilancio fosse negativo, uno dei due dovrebbe essere lasciato andare.
L'indiziato principale è da diverse settimane Alexis Sanchez, attualmente impegnato in Confederations Cup con il suo Cile. Bayern Monaco, Manchester City e Chelsea, stando ai rumors, avrebbero bussato per chiedere informazioni e strappare l'ex Udinese, ma Wenger si è sempre mostrato fiducioso su ambo i rinnovi delle due superstar. Positività che potrebbe scontrarsi con le regole della Premier League, anche se, come spiegato, Wenger conosce con certezza i conti del club. La soluzione alternativa è rappresentata dalle cessioni di altri asset di medio-alto livello, su tutti spicca il nome di Alex Oxlade-Chamberlain, cercato da varie società di Premier League dopo l'ottimo rendimento nelle ultime settimane. Ottimo rendimento, per l'appunto: rinunciare all'inglese classe 1993, giocatore con tanti anni di carriera davanti a sé e dal potenziale devastante, potrebbe essere un azzardo.
La sensazione, in generale, è che il mercato stenterà a decollare fino a quando la situazione di stallo sulle questioni Ozil e Sanchez si risolverà in via definitiva. Sulla lavagna di casa Wenger sono diversi i nomi cerchiati in rosso: il sogno Mbappé, al limite dell'irrealizzabile, la tentazione Lacazette, le idee Lemina e Matuidi, oltre a Lemar e Arda Turan. L'unica certezza è rappresentata per ora dal parametro zero Kolasinac, già presentato ufficialmente. Per centrocampo e attacco le riflessioni richiedono tempistiche più lunghe, perché il loro destino è indissolubilmente legato alle scelte di Alexis e Ozil. E, ovviamente, come sempre, di Wenger.