Valutare l'annata di una squadra di Guardiola significa, ogni volta, entrare nei meandri della mente di uno degli allenatori più complicati della storia del calcio, che talvolta ha fatto sfociare i propri ideali in una vera e propria filosofia che - aldilà di quanto possa essere stimata - ha cambiato la storia del calcio. Un'influenza incredibile che però è stata figlia di una fase di studio molto prolungata nel tempo e che il tecnico spagnolo ha provato a portare, senza apportarne cambiamenti rilevanti, nella terra dove il possesso palla non aveva mai dato frutti. A livello di risultati, specie in proporzione alle spese attuate dalla dirigenza in estate, il suo Manchester City non può dirsi soddisfatto: un terzo posto, due eliminazioni nelle fasi eliminatorie delle Coppe di Lega e una figuraccia in Champions League, maturata nel doppio confronto con il Monaco, che potremmo considerare un po' il simbolo dell'annata Citizen.

Fonte immagine: Daily Mail
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I monegaschi, in quell'occasione, hanno essenzialmente fatto leva sulle amnesie dei singoli - è vero - ma pure sui limiti tattici abbastanza marcati della squadra inglese in questa stagione, mai completamente risolti. Ad inizio anno, i ragazzi Sky Blue sembravano aver assorbito al meglio le idee del tiki-taka, tanto da arrivare anche a battere il Barcellona nei gironi di Champions. Poi c'è stato un crollo incredibile che li ha allontanati tantissimo dall'obiettivo: il calcio inglese, prese le misure a questi sistemi, si è adattato ed ha iniziato a reagire, accorciando le proprie squadre e dettando la via per rompere gli equilibrio del juego de posiciòn grazie all'atletismo che tutte le squadre vantano in Premier League.

Al contempo, alcune scellerate scelte di Guardiola in sede di calciomercato hanno iniziato a non mantenere le promesse: Bravo e Stones certamente gli acquisti più deludenti. I due, pagati quasi 74 milioni di euro in estate, non sono riusciti a scalzare mai definitivamente gli argentini Caballero ed Otamendi, entrambi partiti per essere riserve ma poi in realtà divenuti dei piani-b attuati in corso d'opera. Queste scelte, unite ad un problema evidente di una squadra che non si rispecchiava nei vari sistemi attuati con la difesa a 3, hanno regalato ai Citizens il loro primo vero enorme problema stagionale: la fase difensiva. Troppe le reti subite in campionato (39), ma in generale, l'assetto non è mai stato solido fino ad un cambiamento tattico che ha portato all'inserimento di Fernandinho come terzino destro e al rientro di Kompany in mezzo alla retroguardia, arrivato più di recente. Il brasiliano in particolare si è calato perfettamente nel ruolo di laterale basso e ha garantito geometrie che hanno ordinato la squadra inglese quando però era già troppo tardi per rientrare nella corsa al titolo; il belga è invece tornato al top della sua condizione e sarà una carta importante per la prossima stagione. Negative le annate di Kolarov e Clichy, entrambi bene in possesso ma con tante, troppe amnesie là dietro, talvolta pagate a prezzo carissimo.

Fonte immagine: Daily Mail
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In avanti le cose hanno funzionato meglio. La solita qualità in costruzione garantita dagli schemi del tecnico catalano ha permesso di sprigionare tutta la qualità che il City in parte già aveva ed in parte ha acquisito sulla trequarti campo: il talento di Sterling, De Bruyne, David Silva e Sané (e certamente la valorizzazione dei giovani attaccanti quest'anno è stata davvero eccelsa) si è così esaltato, nelle combinazioni con gli attaccanti Aguero e Gabriel Jesus. In particolare, il numero 21 spagnolo ha potuto finalmente utilizzare la sua dote naturale del gioco a due tocchi e sembra essere nato per coesistere in questa squadra a lungo. Rimane invece in bilico la posizione del Kun per la prossima stagione: vedremo se il numero 10 accetterà il dualismo da centravanti o se preferirà avere garanzia di un posto fisso; posto che quest'anno, anche a causa di un infortunio, l'altro attaccante brasiliano si è visto tutto sommato poco e ancora non garantisce le certezze del proprio compagno di reparto sotto l'aspetto della continuità. Partenza ormai certa invece per Nolito, invece: l'ala non ha ripetuto le proprie prestazioni della scorsa stagione ed ha finito per essere utilizzato col contagocce, nelle gerarchie dietro a tutti.

Fonte immagine: Sky Sports
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Rimane fra i punti interrogativi della stagione il mancato utilizzo, nella prima parte della stagione, di Yaya Touré. L'ivoriano, inserito negli schemi, ha avuto la normale flessione che ha qualsiasi 34enne che non viene impiegato per mesi, alla lunga. Considerata l'importanza che avrebbe potuto avere in mediana magari dall'inizio, il centrocampista rimarrà un rimpianto, anche se dipinto di "se" e di "ma". Più dolorosa in mezzo al rettangolo verde l'assenza di Gundogan, individuabile come causa fondamentale del crollo invernale degli Sky Blues: il tedesco era diventato prezioso in mezzo al campo e la sua mancanza si è fatta sentire, e parecchio.

In un bilancio finale, si può giudicare comunque la stagione del Manchester City da vari punti di vista. Aldilà dei risultati - che sono stati legati anche a momenti di blackout talvolta naturali - comunque la base per le prossime stagioni costruita dai Citizens è stata di ottimo livello. Ci sarà da lavorare sulla mentalità europea della squadra, ma l'esperienza fatta in questa stagione sarà fondamentale per i vari giovani a disposizione di Guardiola. Anche il tecnico ha delle colpe: molte volte si è intestardito su alcune idee fino a quando non è stato obbligato a cambiare qualcosa solo a causa dei risultati. La sensazione è che comunque, per gli anni che verranno, dalle parti di Manchester si potrà vedere qualcosa in più. E, almeno sulla carta, il futuro sorride eccome.