Alla fine ha avuto ragione chi ha cambiato in tempo, chi ha colto l'attimo, chi ha fiutato il pericolo e si è adeguato in tempo. Alla fine hanno avuto ragione Swansea Crystal Palace, che si sono assicurate la permanenza in Premier League grazie ai cambiamenti in panchina, agli investimenti sensati di gennaio e al talento di cui disponevano.

A salutare la compagnia, invece, retrocedendo nell'inferno della Championship, sono state Hull City, Middlesbrough e Sunderland: due neopromosse più una promessa sposa alla retrocessione da anni, ma che scampava al matrimonio compiendo mezzi miracoli nell'ultimo mese e mezzo di stagione.

Ragioni diverse che hanno portato ad uno stesso crollo, seppur diverse tra loro. Una quota salvezza troppo bassa, squadre che si sono mostrate troppo inferiori rispetto alle concorrenti. In modi diversi, in momenti diversi. Ecco le loro stagioni e le loro ragioni.

Hull City, cambiare a metà non basta. Ma...

La stagione delle Tigers è cominciata tra dissapori interni, tra proprietario e tifosi, senza mercato - se non per 4 acquisti l'ultimo giorno, una cifra esigua e ridicola per quel che era lo stato della squadra, ovvero un disastro - e il troll di Curtis Davies alla sua società, su Twitter, direttamente dal ritiro. Non erano proprio soltanto in 9, ma faticavano ad arrivare a 18.

Due vittorie in avvio illudono, il prosieguo spegne ben presto le speranze. La squadra si era trovata senza allenatore il 22 luglio, a seguito delle dimissioni - col senno di poi, molto comprensibili - di Steve Bruce: panchina a Mike Phelan, il vice, che raccoglierà 13 punti in 20 partite. Medie raccapriccianti. A Gennaio la squadra è ultima, la dirigenza fiuta il pericolo, lancia la mezza rivoluzione, cede due pilastri (Livermore e Snodgrass) per ripartire da un gruppo più che nuovo, guidato da Marco Silva in panchina.

La tanto auspicata risalita sembra concretizzarsi, gli innesti sembrano più che azzeccati, l'Hull raccoglie alcune vittorie importanti e finisce per trovarsi al quartultimo posto, padrone del proprio destino. Al momento decisivo, però, crolla: 0-2 interno col Sunderland già retrocesso, 4-0 al Palace per sancire la definitiva retrocessione. E' però la débacle del KCom Stadium contro i Black Cats a stupire: Silva, in casa, con l'Hull, aveva vinto 8 delle precedenti sfide in tutte le competizioni, pareggiandone una. La caduta, alla decima, contro la meno quotata, che non aveva nulla da chiedere. Lo Swansea ringrazia e firma la salvezza, ma sono le Tigers a doversi mangiare le mani, per essersi divorati un miracolo che sembrava alla portata, sotto ogni aspetto. 

Fonte immagine: Sky Sports
Fonte immagine: Sky Sports

Middlesbrough, non cambiare (e non segnare) non salva

Al terzo tentativo, la promozione del Boro è arrivata. Sembrava l'inizio di un nuovo capitolo, doveva essere tale. Gibson in estate non badava a spese e aggiungeva pezzi pregiati all'attacco, al centrocampo. No, alla difesa ancora no. In compenso c'erano due portieri di prima qualità, Guzan e Valdés. Un lusso per chi si deve salvare. L'organizzazione difensiva di Karanka lasciava però la situazione piuttosto tranquilla, il metodo somigliante a "pensiamo a non prenderle, poi uno lo si fa" funzionava a fasi - molto - alterne, ma tutto sommato le sconfitte dopo 14 gare giocate erano soltanto 5. Poi, qualcosa si è rotto, il tubo ha iniziato a perdere.

16 gol segnati nelle prime 17 giornate, 11 nelle successive 20. Una discesa senza fine, una serie di 16 gare filate senza vittorie, con annesso cambio di allenatore, un mercato di gennaio quasi inesistente (forse la colpa più grossa di Gibson, perché le lacune dei suoi erano chiare, chiarissime sin da tempo). Per intenderci, bisogna risalire al nono posto per trovare una difesa migliore di quella del Boro, che ha incassato un totale di 50 reti in 37 partite, una media decisamente sufficiente. Tutto il resto non ha funzionato, il centrocampo è mancato in costruzione, la sostituzione di Karanka con il suo assistente Agnew è il simbolo di un'immobilità verso la quale non si può non puntare il dito.

Fonte immagine: Mirror
Fonte immagine: Mirror

Sunderland, l'emblema

Se all'Hull City e al Middlesbrough siamo riusciti a pescare qualche aspetto positivi a livello di squadra, salvare qualcosa della stagione del Sunderland che non si chiami Jermain Defoe è francamente impossibile. Secondo peggior attacco con 28 gol all'attivo, 15 di questi realizzati dalla punta ex Tottenham, seconda peggior differenza reti, con ampio distacco sulla terza. Una gestione del mercato da mani nei capelli, delle risorse interne ancora peggiore. E la cosa più inspiegabile è, senza giri di parole: come mai David Moyes è riuscito a terminare la stagione seduto su quella panchina? Mistero. Più o meno come i soli mille minuti totalizzati in stagione da Khazri, forse il talento più limpido della rosa. No, non ha saltato gare per infortuni, e la Coppa d'Africa non è una scusante accettabile. Ha giocato quasi la metà di un evanescente e ormai mentalmente perso Januzaj.

Sparare a zero non è divertente e forse nemmeno giusto, ma è veramente complicato trovare un senso all'annata dei Black Cats. Biglietto da visita di 2 punti nelle prime 10 uscite, poi un'inspiegabile break di 4 vittorie in 7 partite, poi di nuovo oblio, un improvviso 0-4 sul campo del Palace - il risultato più sorprendente della stagione, probabilmente, e non è una battuta - poi il ritorno alla normalità con una striscia di 2 punti in 10 partite. Poi la vittoria inutile per sé stessi, ma che ha steso l'Hull City. Peggior rendimento interno, inoltre. In più la beffa più grande di tutte, per i tifosi: la contemporanea promozione dell'odiatissimo Newcastle. Non è sempre festa, dopo tre salvezze clamorose di rimonta, questa volta era davvero impossibile ripetersi. Almeno con Moyes in panchina.

Fonte immagine: FanSided
Fonte immagine: FanSided