Testa bassa, coda tra le gambe, buona dose di rimpianti. Per la quarta volta in quattro anni, al Bayern Monaco, la Spagna risulta fatale. Dal 2014, i tedeschi vengono regolarmente eliminati dalla Champions League per mano di compagini iberiche. In tre di questi casi, si è trattato di un club della capitale; in due, il Real Madrid. Prima nel 2014, poi nel 2017. Dopo cinque semifinali (almeno) consecutive, la strada dei bavaresi si interrompe ai quarti. Uno stop brusco, non potrebbe essere altrimenti.
Non c'è nemmeno troppo bisogno di tornare su un discorso trito e ritrito riguardo l'arbitraggio - scellerato - di Kassai e del suo team, il quale spinge ai limiti del possibile e del sensato un'analisi obbiettiva, essendo il fischietto ungherese stato oltremodo influente nelle dinamiche di gara. Forse, senza errori, l'epilogo sarebbe stato identico, forse l'opposto, forse i calci di rigore avrebbero trovato voce in capitolo. Punti di domanda destinati a non avere risposta, alimentando il lecito - ma che non giustificherebbe proteste oltre determinati toni e lamentele eccessive - nervosismo bavarese, oltre al rammarico per essere stati a un passo dal miracolo lontano dall'Allianz.
Carlo Ancelotti è tornato da eroe al Bernabeu, da uomo della décima, ma se ne va a mani vuote, dopo essersi visto negare la possibilità di giocarsela durante i minuti finali e nei supplementari, schiacciato da decisioni che in alcun modo possono centrare con un quarto di finale di Champions League. L'obiettivo numero uno della stagione del Bayern sfuma nuovamente, la - forse - favoritissima al trono d'Europa saluta anzitempo la compagnia, prima portata fuori strada dall'irruenza dei propri elementi, a partire dal doppio giallo di Javi Martinez nella gara d'andata, poi, nel tentativo di rimettersi in carreggiata, spinta nuovamente a terra da fischi senza alcun senso.
L'eliminazione bavarese riaccende le luci sulla via verso Cardiff delle altre. Zidane è convinto di aver eliminato la squadra più forte d'Europa, e risulta difficile dargli torto, relazionando esperienza, talento, qualità, profondità e soluzioni a disposizione di Ancelotti. Non è un vero e proprio fallimento del tecnico italiano e non esistono margini per cui l'ex Milan possa posare il boccale di Weiss e salutare la compagnia nella prossima estate, data la soddisfazione ai piani alti del Bayern per il lavoro di Carletto. Per il club, però, si avvicina una svolta, che prenderà il via con il ritiro dal calcio giocato di Lahm e Xabi Alonso a fine stagione, due colonne portanti e due insostituibili nell'undici di partenza dei campioni di Germania.
Questo aspetto, tanto sottovalutato quanto dimenticato, è probabilmente il primo passo verso un leggero periodo di flessione, che potrebbe (condizionale d'obbligo) portare il Bayern fuori dall'élite per qualche stagione, innescando l'effetto domino che porterà, nel giro di tre, quattro anni, al definitivo ricambio generazionale e al ritorno ai vertici, come vorrebbe l'ordine naturale del calcio. Se questa stagione sia stata o meno l'ultimo gettone dell'attuale nucleo principe, lo sapremo tra almeno un paio di inverni, quando conosceremo anche la reale dimensione di quest'eliminazione, sul cui colpevole le dita tedesche sono già puntate. Karma a parte.