Il primo trofeo della stagione di calcio inglese non poteva che essere deciso da Ibrahimovic per poi finire nelle mani di Mourinho. Una storia non scritta, ma forse prevedibile, nonostante tutta la grinta del Leicester City. Ad aggiudicarsi il Community Shield con il risultato di 2-1 è infatti il Manchester United, protagonista indiscusso dell'estate di mercato (Pogba in arrivo, per davvero) ed ora finalmente anche in campo, non tradendo le aspettative.
Lo Special One vince con le sue decisioni, optando per Lingard al posto di Mkhitaryan sull'ala destra e Blind al centro della difesa, due protagonisti in positivo, soprattutto l'inglese, ma trovando la forte opposizione dei ragazzi di Ranieri, in campo con il nucleo principe dello scorso anno dal primo minuto, con l'ovvia eccezione del solo Kanté, rimpiazzato da King.
I primi tentativi di conclusione li porta il Manchester United, sfruttando la qualità degli avanti per arrivare un paio di volte in zona gol, conclusioni piuttosto agevoli per le braccia di Schmeichel, reattivo in presa sia su Fellaini che su Rooney, mentre Martial, sfruttando il suo solito spunto, centra l'esterno della rete dopo una buona iniziativa personale. Alla lunga escono anche i campioni d'Inghilterra, un po' troppo corti inizialmente: sono due idee di Okazaki che mettono più di un brivido a De Gea, la prima con un tiro da fuori smorzato da una deviazione ma che termina di pochissimo a lato del palo, la seconda, sul corner derivante dalla suddetta occasione, una torsione sul primo palo per incornare, incocciando però sulla traversa.
L'equilibrio viene rotto alla mezz'ora dall'unica vera arma dello United, l'azione individuale: è Lingard che si rende protagonista in uno slalom speciale, seccando tre quarti della difesa e del centrocampo di Ranieri e poi battendo Schmeichel col destro. La rete, un episodio in una partita caratterizzata soprattutto dalla confusione e dal duello di fisico e velocità tra Bailly e Vardy, provoca un non indifferente calo mentale nel Leicester, anonimo per il resto del primo tempo contro l'acquisita solidità dei ragazzi di Mourinho, più fiduciosi dopo il vantaggio.
Ranieri nell'intervallo si gioca le carte Musa e Gray per avere più spunto e velocità, ottenendo frutti immediati: l'ivoriano acquistato dal CSKA trova lo sprint spezzando il ritmo e costringendo Fellaini a una copertura rivedibile, con un retropassaggio cortissimo verso De Gea sul quale si avventa Vardy, cinico e pronto nel dribblare il portiere spagnolo e appoggiando in porta col mancino il gol del pareggio. Il crollo da gol subito colpisce anche lo United e revitalizza le Foxes, vicine anche al vantaggio con una botta da fuori di Gray.
La girandola di cambi a cavallo del 60' riassesta l'equilibrio, specialmente nella testa dei Devils, i quali tornano a farsi vivi dalle parti di Schmeichel con un paio di azioni manovrate il giusto, una delle quali genera un tiro da fuori di Rooney, piuttosto centrale. Dieci minuti dopo un altro brivido, stavolta la palla buona ce l'ha sul piede Ibrahimovic, abbandonato sul secondo palo su azione da corner, ma il suo tocco è troppo debole e viene salvato da Drinkwater sulla linea; fa comunque il paio con un altro errore nell'area, stavolta un colpo di testa di Musa da pochi passi totalmente impreciso che termina la propria corsa oltre la traversa.
Zlatan può però perdonare una volta, non due: il suo secondo pallone toccato in area nel corso di tutta la partita vale il gol del nuovo vantaggio, sovrastando Morgan nello stacco e incornando in fondo alla rete, dopo un tocco sul palo, un cross preciso di Valencia. Il finale non regala gioie al Leicester e a Ranieri: a nulla serve la carta Ulloa, il muro rosso regge nonostante qualche recriminazione dell'ultimo secondo per un tocco di mano.
Il 2-1 finale, con annessa espressione "affaticata" di Mourinho, sono l'emblema di un cantiere ancora a cielo aperto, così come è emblematico il sorriso di Ranieri: i suoi ce l'hanno messa tutta ma questa volta non sono stati in grado di sovvertire il pronostico. D'altro canto, contro Ibrahimovic e Mou, è tutto più complicato.