5150 km. La lunghezza del confine tra Repubblica argentina e cilena. L'una affacciata sull'Atlantico, l'altra sul Pacifico. Neruda, Bolaño, Skármeta, Jodorowsky, Sepulveda, Victor Jara, Violeta Parra. Salvador e Isabel Allende. Borges, Cortázar, Puig, Sábato, Walsh, Bioy Casares, Astor Piazzolla, Gato Barbieri. Videla e Pinochet. Quella tra Cile e Argentina è storia di incroci sulla via dell'Aconcagua. O di quella Terra del Fuego divisa con il righello. Non può essere una partita come le altre, anche perchè fresco è il ricordo della finale della Copa America edizione 2015. Soprattutto per Banega e Higuain, che saranno in campo anche domenica notte. Furono loro a consegnare la Copa al Cile, Higuain spedendo il pallone in cielo, Banega con una sorta di passaggio a Claudio Bravo. E poi venne il cucchiaio di Alexis. E lì fu Cile. Ora potranno vendicarsi, alla ricerca di un titolo che, alla propria nazionale, manca dal 1993 (doppietta di Batistuta contro il Messico).
Il Cile è praticamente lo stesso. Non c'è più il Mago Valdivia, non c'è per infortunio Mati Fernandez (che inaugurò la lotteria dei rigori), ma a partire da quel Vidal "man of the match" del 4 luglio 2015, la rosa è composta dai soliti volti noti. E' cambiato l'allenatore, non più il Sampaoli dei miracoli, bensì Juan Antonio Pizzi. Che ha abbandonato la difesa a tre scuola Bielsa per un 4-3-3 più equilibrato.
Il Tata c'è sempre, e con lui il capitano Leo Messi. E' inutile sottilizzare, dovrà essere la sua partita. In questo stato di forma, in maglia albiceleste, non l'abbiamo mai potuto ammirare. Messi, Higuain, el jefecito Mascherano. E Banega, Di Maria, Nico Gaitan, Lamela, Pastore. El Kun Aguero. Esiste una nazionale con tutta questa classe e forza? Solo la paura, il "braccino", può fermarli. Il Tata Gerardo Martino dovrà lavorare sulla psicologia più che sulla tattica. Perchè col pallone tra i piedi l'Argentina sa e può giocare come pochissime altre nazionali al mondo. Questa generazione di campioni deve dare un segnale, al popolo argentino e agli appassionati di tutto il mondo. E' ora di sbloccarsi.
Cile vittima sacrificale? Ma nemmeno per sogno. Vidal e soci hanno una rabbia, una furia tutta sudamericana unita ad una tecnica individuale che in alcuni elementi è altissima. Diaz e Aranguiz a centrocampo, il solito Edu Vargas versione nazionale (e quindi goleador, cosa che non gli riesce con le maglie dei club dove gioca e ha giocato). Le marcature di Jara e Medel. Bravo tra i pali. Vittima a chi?
Argentina, Colombia e Cile, erano queste le favorite della vigilia. E queste, con gli USA padroni di casa, sono le nazionali approdate in semifinale. La Colombia era partita benissimo nei gironi, per poi afflosciarsi strada facendo. La sconfitta col CostaRica, il quarto superato solo ai rigori col Perù, e la giusta sconfitta in semifinale contro il Cile. Autore quindi di un percorso inverso, in crescita. La sconfitta nella gara d'esordio proprio con l'Argentina per 2-1 (ricordiamo: Di Maria e Banega, rete della bandiera di Fuenzalida), con la roja molto deludente, e poi una rincorsa che ha visto sconfitti Bolivia e Panama, travolto il Messico per arrivare alla semifinale senza storia contro la Colombia. Per l'albiceleste parlano i risultati. 2-1 al Cile, 5-0 con Panama, 3-0 alla Bolivia, 4-1 al Venezuela, 4-0 agli Stati Uniti. 18 leggasi diciotto reti in 5 partite. Che finale che ci aspetta...
Ore 2 italiane, MetLife Stadium di East Rutherford (New Jersey), che lo spettacolo abbia inizio.