Marco Tardelli ha fatto parte di grandi Nazionali italiane nel passato, consacrandosi come uno dei centrocampisti più completi forse non solo del calcio di casa nostra. Adesso che è dall'altra parte è inevitabile chiedergli un commento all'Italia di oggi, quella di Antonio Conte. 

Euro 2016 ci ha mostrato, fino a questo momento, un'Italia molto solida nella fase difensiva. In un'intervista alla Gazzetta dello Sport, l'ex secondo di Giovanni Trapattoni sulla panchina dell'Irlanda ci tiene a precisare un aspetto del gioco italiano: "Come dice Conte, basarsi sulla difesa non significa fare catenaccio e contropiede: significa contare molto su una grande certezza che si sente di possedere. Non è mica un peccato: l’allenatore bravo è quello che sa valutare ciò che ha e poi riconoscere il meglio che ha. E poi sa organizzare la squadra: se non diventano limiti, sono le fondamenta per arrivare lontano. Se solo due o tre giocatori non fanno esattamente quello che chiede Conte, ne risente il rendimento di tutti: e poi questa squadra non ha il Totti o il Del Piero che ogni volta può risolvere da solo una partita."

Antonio Conte, independent.co.uk

Parole importanti, poi, anche per il CT: "Conte è uno che tiene a quello che fa. Che lavora moralmente, con onestà. Che guarda all’uomo almeno quanto al calciatore, anzi probabilmente prima all’uomo. Un perfezionista: i dettagli che fanno la differenza. Futuro al Chelsea? Non mi sembra che Conte abbia mai accettato, né cercato, alibi. Purché i ragazzi lo seguano, solo quello poteva diventare un alibi: ma direi che questo problema non si pone." 

Quali sono, invece, i problemi che potrebbe creare l'Irlanda, prossima avversaria del girone: "Li conosco bene, li abbiamo allenati praticamente tutti... Vi dico che ci sperano: loro sono abituati a giocare al 100% tutte le partite, tutte, dunque non pensano che per qualcuno ci possa essere un modo diverso per affrontarne una. E poi sanno che le presunte riserve dovranno dimostrare a Conte qualcosa anche loro. Hanno grandi qualità caratteriali e fisiche, grande voglia di imparare, poca attenzione alla tattica: vorrebbero giocare sempre, pure in allenamento. E dunque dovevamo inventarci sempre qualcosa per fare anche tattica, ma giocando."