L'immagine, ultima, della Germania bella, splendente e straripante del Mondiale stravinto, è quella del Mineirazo, di quelle sette gemme incastonate nella storia del calcio che hanno scioccato una nazione, travolgendone l'animo e destabilizzandone le certezze. Ricordo vivo, più lontano di quanto realmente sia dopo le prime due prestazioni offerte ad Euro 2016 da Neuer e compagni. Due anni dopo, la macchina perfetta di Joachim Loew sembra essersi clamorosamente inceppata, arrugginitasi nelle prime due apparizioni dell'Europeo in corso di svolgimento in Francia. Soltanto rodaggio oppure c'è dell'altro? Domanda legittima, perché la Germania targata Loew è sempre partita, almeno negli ultimi quattro anni, a spron battuto, con gol a raffica e vittorie convincenti.
Rispetto al roboante esordio brasiliano, quando i carri armati tedeschi travolsero il malcapitato Portogallo di Cristiano Ronaldo con un rotondo poker, il tecnico ex Austria Vienna ha provato a mischiare le carte, fissandosi forse fin troppo con la riconoscenza nei confronti di alcuni interpreti. Laddove il meccanismo sembra essersi inceppato, è davanti, paradossalmente, dove le clamorose individualità dei vari Draxler, Muller ed Ozil hanno racimolato, in centottanta minuti, la miseria di due gol - di un difensore ed un centrocampista - senza mai essere in grado di impensierire le retroguardie di Ucraina e Polonia. Per quanto queste ultime siano apparse organizzate e ben messe in campo, ciò non basta a giustificare la manovra lenta ed involuta dei tedeschi, che stentano ad allargare l'azione con le sovrapposizioni dei due terzini e soprattutto faticano a cambiare marcia nella trequarti offensiva avversaria, dove inevitabilmente si ingolfa la manovra.
La differenza sostanziale, rispetto alle passate edizioni, è il cambio modulo, mutato con l'inserimento di un altro attaccante in luogo di un centrocampista. In Brasile c'era Lahm, con Khedira, a fungere da stantuffo e metronomo in mediana, mentre a Kroos era consentito di svariare sul fronte offensivo da mezzala o trequartista alle spalle del trio di attaccanti. Gotze ed Ozil agivano spesso ai lati di Muller, al quale gli enormi spazi da attaccare - con le sue clamorose letture - consentivano al brutto anatroccolo del Bayern di aprire a svariate soluzioni. Un ventaglio di opportunità che invece, quest'anno, almeno per il momento sembrano essere precluse dall'inserimento di Draxler nel quartetto offensivo, oltre che dallo spostamento di Gotze nel ruolo di centravanti e di Muller in quello di ala destra. Ne è scaturita una clamorosa prevedibilità nelle iniziative del genio turco-tedesco e dell'esterno ex Schalke, apparso spesso avulso dal contesto di squadra, oltre ad aver tolto il bomber degli ultimi anni della Nazionale dalla zona nevralgica dell'attacco. Non tutte le colpe, ovviamente, sono del talento a lungo cercato dalla Juventus, così come degli altri, bensì sono da ricercare nelle scelte del mister, che stenta - almeno per ora - a risconoscere e risolvere il problema.
Il modulo con il falso nueve non sembra essere propedeutico alle caratteristiche fisiche e tecniche dei panzer: Muller chiede spazio per sfruttare al meglio le sue potenzialità, così come lo stesso Gotze, che lasciato in balia dei centrali avversari non ha mai inciso (anche per demeriti propri). Crisi passeggera o meno, la Germania ha bisogno, se vuole ambire a traguardi prestigiosi, di ritrovare fluidità e fiducia nelle proprie individualità, senza snaturare l'equilibrio di squadra e riportando, tecnicamente, la chiesa al centro del villaggio: Muller centravanti e l'inserimento di Schurrle al posto di uno tra Gotze o Draxler poterbbe essere il punto di partenza dal quale ripartire nella speranza di tornare grandi e splendenti.