Ormai parafrasare Gary Lineker sta diventando quasi un hobby, quando si parla di Europa League e Siviglia. Sta di fatto che in un modo o nell’altro questi Andalusi continuano a padroneggiare, definire la competizione “territorio di conquista” appare altamente riduttivo. In principio fu il Benfica, maledetto da Bela Guttman e dai calci di rigore. Successivamente il Dnipro, fin troppo poco solido per pensare di mantenere in piedi la partita contro l’armata spagnola. Infine il Liverpool, sfortunato e colpevole di aver smesso di giocare con 45 minuti e 17 secondi sul cronometro, in una partita nella quale il tasso tecnico è stato a dir poco latitante. Premiando, giustamente, chi nel complesso ha sbagliato meno. Il solito Siviglia, stavolta con un punteggio di 3-1.
Ebbene sì, il primo tempo del trionfo targato 2016 è un dominio a tinte rosse inglesi, nonostante una sorta di ansia iniziale che sembra inibire gli uomini di Klopp, i quali cominciano ad acquisire fiducia col passare dei minuti. Attacco insistente, passando sempre dai piedi dei trequartisti e sfruttando i movimenti nel breve di Sturridge, arrivando a giocarsi l’uno-contro-uno con i difensori avversari. Proprio in queste situazioni si generano i due episodi principi del primo tempo e, più in generale, della partita. Jonas Eriksson lascia correre su due falli di mano piuttosto plateali dentro l’area, prima di Carriço e poi di Krychowiak, entrambi sul punteggio di 0-0.
Stranamente, al contrario di quanto si potrebbe pensare, l’effetto sul Liverpool dei due non-fischi risulta essere positivo, dato che la squadra non si disunisce, anzi se possibile riesce ancora ad aumentare la spinta, trovando il vantaggio con una perla di esterno di Sturridge. Il gol va ad aggiungersi alla mole, già consistente, di occasioni create. Il Siviglia si dimostra decisamente fragile se attaccato, Klopp lo sa e chiede sempre alla squadra di avere ritmo offensivo, trovando anche supporto da una fase difensiva efficiente, capace di arginare adeguatamente i tentativi di ripartenza. Banega, nel frattempo, prova a sventagliare palloni, ma gli spagnoli nel primo tempo sono poca cosa.
Il ritorno in campo degli Scousers nella ripresa è semplicemente agghiacciante: un Alberto Moreno accettabile nel primo tempo si lascia sfuggire Mariano sul fondo, poi Gameiro in mezzo non perdona. Il gol, dopo 17 secondi dal rientro in campo, manda totalmente in palla un Liverpool che subisce una sorta di effetto Torres nel suo passaggio proprio dai Reds al Chelsea: tutto quello che nel primo tempo sembrava tanto ovvio e quasi accademico, non riesce più. Coke punisce due volte, prima con un gol splendido sfruttando un’azione di Vitolo, poi agevolato da un posizionamento inguardabile della difesa inglese, con Moreno ancora sugli scudi in negativo. Il resto vien da sé, Klopp prova un assetto più offensivo ma continua a rischiare di subire in contropiede, e il finale di 3-1 rispecchia esattamente i valori messi in campo.
Alla luce dei 90 minuti, l’influenza in primis degli errori arbitrali è tanto pesante quanto imbarazzante. Non solo i rigori, ma anche una gestione errata e incostante della gara, con scene tragicomiche: sul terzo gol il guardalinee che tiene erroneamente la bandierina alta per svariati secondi nonostante i vari inviti ad abbassarla da parte dell’arbitro, il quarto uomo che si addormenta nel momento di una sostituzione e la ritarda, per poi sbagliar numero sul tabellone luminoso. Un basso livello comparabile a quello della difesa del Liverpool nella ripresa: una linea tenuta molto male, con Lovren e Touré che hanno dimostrato un affiatamento rivedibile, condizionato specialmente dalla prestazione negativa del primo. Senza dimenticare il solito Alberto Moreno.
Una mancanza fin troppo evidente per la squadra di Klopp è stata inoltre quella dei leader: quello tecnico, Coutinho, ha latitato per 90 minuti senza mai trovare la sua posizione in campo; quello mentale si è assentato del tutto, tanto che pare difficile anche identificarlo. Forse doveva essere Henderson, altra assenza (causa problemi fisici) peraltro pesantissima per una questione di equilibri, forse doveva essere Milner, calatosi da gran calciatore quale è da mediano, in una posizione non sua di natura, ma incapace di caricare i suoi e prenderli per mano nelle difficoltà. Gli errori molteplici del Liverpool, specialmente (o esclusivamente?) nella ripresa, non devono però condurre all’idea che non esistano meriti del Siviglia.
Innanzitutto le occasioni, anche se create in buona parte con la complicità dell’avversario, bisogna saperle sfruttare, e in questo senso la squadra di Emery è stata maestra, capitalizzando al meglio e cavalcando i propri talenti. O meglio, più che talenti è il caso di parlare di giocatori che rendono perfettamente in un sistema il cui creatore ha il diritto di arrogarsi il merito per averlo creato. Quando gli andalusi hanno alzato l’intensità offensiva, l’ombra del Liverpool è stata cancellata dal suolo. E non era comunque facile approcciare il secondo tempo così bene, specialmente dopo le svariate difficoltà della prima frazione.
Oltre a Banega, autore dell’ennesima prestazione di alto livello che ha fatto gioire i tifosi interisti, va sottolineata la prestazione di Vitolo, arma letale sulla sinistra, specialmente quando ha mantenuto la posizione sulla fascia piuttosto che nelle situazioni in cui ha svariato centralmente. La palma di migliore in campo se la aggiudica comunque Coke, per i due gol e per il sacrificio, la leadership da capitano. Perché grazie a lui per la terza volta consecutiva, la quinta in assoluto, il trofeo dell’Europa League lascia la sede della finale a bordo di un aereo diretto verso la Spagna, verso la città di Siviglia. E i Rojiblancos si confermano specialisti nel portare la fortuna dalla propria, dimostrando che non solo chi fa tutto da sé fa per tre. Anzi, fa x3.