Vicente del Bosque è uomo di calcio, conosce ogni sfumatura di un mondo che gli appartiene da anni. Italia - Spagna è amichevole solo per la carta, è in realtà un antipasto europeo, un confronto utile a tutti, soprattutto a Conte e allo stesso Del Bosque, per limare gli ultimi dubbi. Non si fida Vicente, non si fida dell'Italia e di un calcio in difficoltà. 

L'allenatore spagnolo abbina Juventus e Nazionale, il punto d'unione è Antonio Conte, lo spartito bianconero viene riproposto in azzurro, medesimi principi, medesimi concetti. Sacrificio e corsa, assalto e ripartenza, colpire l'avversario, senza esporsi a rischi. La partita in terra teutonica della Juventus è il manifesto del calcio del bel paese, imporsi anche quando si è, almeno al via, inferiori. 

"L'Italia di Conte è come la sua Juventus. A cominciare dalla capacità di adattarsi e cambiare pelle: può pressare ma anche ripiegarsi, aspettare e partire in contropiede con pochi tocchi e grande velocità. La struttura difensiva è quella della sua Juve e quella è la base di tutto. E sinceramente non vedo grandi differenze nemmeno con l’Italia di Prandelli. Siete scesi nel ranking ma la nazionale ha mantenuto l’essenza del calcio italiano. La settimana scorso ho visto la Juve a Monaco e mi immagino un’Italia per molti aspetti vicina a quel modello: pressing, sforzo fisico, nessun complesso nel lasciare l’iniziativa agli avversari per far male ripartendo. Sì, l’Italia non ha trovato un attaccante di livello mondiale però resta una squadra difficile da affrontare. Non vedo uno stop nel calcio italiano. Continuo a considerare il vostro un calcio moderno e difficile per qualsiasi avversario. I grandi club europei cercano i vostri allenatori, solo un anno fa la Juventus è arrivata alla finale di Champions. È stata un’annata storta".

L'attenzione si sposta poi su Alvaro Morata. Stagione difficile per l'attaccante. Presenza in chiaroscuro, in una scacchiera costruita sulla forza di Mandzukic e sul talento di Dybala. Del Bosque non si scompone, sottolinea la forza di Morata, giocatore totale, in grado di abbinare tecnica e strapotere fisico - il ritorno con il Bayern ne è testimonianza - senza "coprirne" i limiti attuali, in gran parte caratteriali. Il futuro di Alvaro è da scrivere, tra Juve e Real, ma la Spagna è pronta ad affidarsi a lui per un nuovo ciclo vincente. 

"Dopo il Mondiale del 2014 abbiamo fatto la cernita degli attaccanti e in prospettiva abbiamo scelto Alcacer, Morata e Diego Costa. I primi due non hanno avuto grande regolarità nel gioco e sinceramente ciò che hanno fatto in questi due anni scarsi ci è parso relativo, ci aspettavamo di più. Non possiamo dare la colpa ai loro allenatori perché li hanno usati poco: se hanno deciso così è perché non stavano facendo bene. A Monaco Alvaro ha offerto una vera esibizione di forza e gioco e la cosa mi ha fatto particolarmente piacere. Però in questi mesi non è stato al suo livello, se non lo chiamavamo per le sfide con Italia e Romania nessuno poteva dirci nulla. Alvaro ha tutte le condizioni per essere il nostro attaccante centrale: forza fisica, capacità di giocare in spazi ampi o ristretti, è forte di testa, colpisce bene la palla, ha tante qualità. Però per qualche motivo non ha ancora trovato la regolarità necessaria e ripeto, non è colpa del suo allenatore: il giocatore ha le proprie responsabilità. Gli manca continuità di rendimento. Speriamo la trovi sia con la Juventus che con noi. Il suo calcio non può essere tanto isolato, intermittente: durante le partite deve apparire di più".

All'orizzonte la rassegna francese. Non esiste oggi una squadra in grado di issarsi al di sopra delle altre, di prendersi, nettamente, i favori del pronostico. Tante nazionali hanno credenziali importanti, Vicente sceglie allora la Francia, pronta a sfruttare l'abbrivio del pubblico di casa.  

"Tutte le teste di serie possono vincere. Si pensa a Italia, Belgio, Inghilterra, Germania, Francia, Spagna, Portogallo ma di sicuro apparirà qualcun altro che troverà la forma giusta. È un torneo corto con 24 squadre, imprevedibile. Non dico che tutte e 24 possono puntare alla vittoria ma il gruppo di aspiranti è ampio. Se devo fare un nome solo dico Francia, perché gioca in casa". 

Chiusura dedicata a Casillas. Monumento di Spagna, Iker è il simbolo del recente passato, ora, lontano da Madrid, insegue una rivincita. Del Bosque parla alla storia e non chiude al numero uno. 

"La sua origine è molto chiara. Per me l’importante è che giochi in un grande club europeo come il Porto, che sia titolare e che quindi nessuno possa avere qualcosa da ridire al proposito. Bisogna essere rispettosi con un giocatore che ha dato tanto alla nazionale, siamo obbligati a proteggere chi ci ha dato tanto, nulla di più. Iker ha il rispetto di tutti meno che di quella fazione e lui sa isolarsi da tutto questo: ottenere l’unanimità di consenso nel calcio è impossibile".

Fonte Gazzetta dello Sport