Oltre all’Europa milionaria, fatta di acquisti folli ed ingaggi faraonici, ci sono tanti campionati sparsi per il mondo che meriterebbero quantomeno menzione, in nome di quello spirito sportivo che dovrebbe rendere il calcio solo un gioco e non una questione boriosa e personale. Uno dei campionati più affascinanti è di sicuro quello giapponese, organizzato secondo le conosciute regole dei campionati europei e che ha visto trionfare, nell’ultima edizione, il Sanfrecce Hiroshima. I campionati, regolati dalla Japan Football Association, sono dipartiti in sette livelli, con i primi due che costituiscono l’equivalente della nostra serie A e della serie B. La J League 1 è composta da 18 squadre che si affrontano in un classico girone all’italiana: le prime tre hanno il diritto di partecipare all’AFC Champions League, mentre le ultime due retrocedono il J League 2, composta da 20 squadre con 3 promozioni ed una retrocessione nelle leghe inferiori. Il terzo ed il quarto livello, invece, raggruppano le compagini semi-professionistiche, mentre dal quinto al settimo abbiamo squadre dilettantistiche che si affrontano in campionati regionali.
Il calcio in Giappone, come è capitato praticamente in molte altre nazioni, venne importato da un inglese, sir Archibald Lucius Douglas, docente presso l’accademia navale di Tokyo, nel 1873. Sotto l’era della dinastia Meji, infatti, il Giappone avviò un processo di ‘modernizzazione sportiva’ che però iniziò ufficialmente solo dal 1912. Nel 1918 si disputarono nel Paese del Sol Levante tre tornei calcistici nelle regioni di Kansai, Kanto e Tokai, mentre il primo campionato nazionale, organizzato dalla JFA, si svolse solo tre anni più tardi e vide trionfare il Tokyo Football Club. Il gioco del calcio in Giappone, però, non conquistò immeditamente il favore del pubblico e, per registrare la definitiva affermazione di questo sport, bisognerà attendere il 1972 quando, grazie al boom economico che portò ad un maggiore interesse da parte degli investitori, venne introdotta anche una seconda divisione al campionato allora in corso: il calcio inizia a diventare fonte di attrazione, le televisioni trasmettono alcune partite ed alcune formazioni riescono addirittura ad ingaggiare calciatori stranieri come il brasiliano Carvalho, miglior bomber del campionato ‘76/’77 grazie alle sue 23 reti.
Gli anni ’80 vedono quindi la fine di un percorso iniziato da decenni e che porta all’ufficiale affermazione del campionato giapponese di calcio, lanciato definitivamente tredici anni più tardi dopo un lungo periodo di gestazione. Il 15 maggio 1993, finalmente, a Tokyo parte la prima partita ufficiale che vede il Vardy Kawakazi sfidare gli Yokohama Marinos. Continua dunque il lungo percorso evolutivo del calcio giapponese, favorito da figure di primo piano del soccer europeo e brasiliano, come Wenger e Dunga. La prima, insperata svolta avvenne nel 1998, quando i nipponici, guidati da un certo Nakata, si qualificarono per la prima volta ai Mondiali di calcio dopo aver sfiorato la partecipazione quattro anni prima. L’inizio di una storia che continua tuttora ad appassionare milioni di sportivi giapponesi.