Quasi un anno dopo, un altro faccia-a-faccia. Paragonare il calcio alla guerra (o affini) è sempre spiacevole, vedere migliaia di forze di polizia spiegate per una partita ancora di più, ma non può essere altrimenti. Domani sera a Elbasan, città a 40 km da Tirana, si gioca Albania-Serbia. E se Esteghlal-Persepolis è il derby che fa tremare l'Oriente, questa sfida può esser definita quella che fa tremare i Balcani.
Ricordate cosa successe un anno fa allo stadio Partizan di Belgrado? La rivalità, posto che mai sia stata spenta, è stata riaccesa da una partita di calcio. Il drone, le bandiere, le minacce, il lancio di oggetti. Non un'atmosfera che si addice certamente al calcio. Stavolta c'è aria di vendetta. Ovviamente, neanche a dirlo, la trasferta sarebbe vietata ai tifosi della Serbia, ma lo era anche un anno fa a quelli dell'Albania, che hanno comunque trovato il modo per far sentire la loro voce.
Autostrade chiuse, città deserte, hotel blindati. L'atmosfera è decisamente tesa, basterebbe una leggerissima goccia per far traboccare il vaso, e se il suddetto vaso dovesse rompersi le conseguenze potrebbero esser devastanti. 13mila spettatori saranno domani sugli spalti (ma le richieste erano oltre 100mila), tranne Ismail Morina, colui che fece volare il drone sulla testa dei tifosi Serbi al Partizan, arrestato in possesso di armi da fuoco.
La preoccupazione del premier Edi Rama (che ha invitato il collega Serbo allo stadio, senza per ora ricevere risposta positiva) va ben oltre il mero discorso calcistico, anche se per le aquile una vittoria significherebbe qualificazione in caso anche di non-vittoria della Danimarca sul campo del Portogallo domani. Difficile, ma non impossibile. Eppure il risultato, per una volta, non è quello che preoccupa gli appassionati di calcio di tutto il mondo.