Al peggio non c’è mai fine scriveva qualcuno, e qual qualcuno deve averne viste tante; un po’ come gli Orange che, sbarcati in Turchia per ridare un senso al proprio percorso verso Francia 2016, si ritrovano con 3 gol sul groppone e una qualificazione alla fase finale dell’europeo ormai in forte dubbio.
Poco più di un anno fa i Tulipani si giocavano una semifinale di Coppa del Mondo contro l’Argentina, partita persa poi solamente ai rigori. Durante tutto quel torneo la Nazionale Olandese aveva espresso un calcio spumeggiante, veloce e moderno, sorprendendo tutti, soprattutto chi la dava per decadente dopo Euro 2012. L’Olanda vista l’anno scorso infatti era un misto di gioventù e veterani, messa insieme magistralmente da quel mago di van Gaal, uno che qualcosa in carriera ha vinto. Rimarrà a lungo nella mente di tutti quel 5-1 ai danni della Spagna (favorita per la vittoria finale) alla prima partita del torneo; doppietta di Robben, doppietta di Van Persie, de Vrij e Spagna matata. Dal mondiale in Brasile però è tornata un’Olanda spenta, slegata e con evidenti difficoltà nella fase difensiva; de Vrij, Martins Indi, Vlarr ecc. non sono mai stati insuperabili, sia chiaro, ma questa fragilità veniva compensata da un attacco potenzialmente distruttivo. Ecco appunto, veniva, perché Robben è perseguitato dagli infortuni, Van Persie è emigrato in un campionato non proprio allenante come lo era la Premier e Sneijder non è più quello del Triplete interista. Tutto questo si manifesta in 3 gol realizzati nelle ultime 4 partite di qualificazione, una miseria in confronto a come erano abituati gli Orange.
Ciò che sta succedendo all’Olanda è qualcosa che tutte le nazionali prima o poi dovranno affrontare, ossia il tanto temuto cambio generazionale. L’ha affrontato la Germania con ottimi risultati (Brasile 2014), lo stanno affrontando Brasile, Spagna, Francia e Inghilterra. Ovvio che i risultati saranno diversi da nazione a nazione, ma questo è un processo che è necessario e incontrovertibile per il bene delle generazioni future e presenti. In Olanda possono dormire sonni tranquilli, l’Ajax da una decina di anni sta svolgendo un lavoro impeccabile a livello di settore giovanile, sfornando campioni a non finire; basti pensare a Ibra, Sneijder, Seedorf, van Basten, lo stesso lavoro che stanno facendo PSV e Feyenoord. Questi club hanno una mentalità completamente diversa rispetto a quelli italiani (ultimi tra le big d’Europa per qualità dei settori giovanili): fanno crescere i proprio talenti in casa, facendoli giocare nella seconda squadra per poi farli esordire in prima quando sono pronti, questo permette ai ragazzi di non trovarsi completamente persi e spaesati al momento dell’esordio nella massima serie, cosa che invece da noi accade molto spesso e per questo si ritengono molti giovani ancora inadatti a certi livelli.
Il risultato recente più apprezzabile di questo modello di lavoro è Memphis Depay. Ragazzo classe ’94 proveniente dal settore giovanile del PSV che in estate, dopo aver vinto il campionato ed aver messo a referto 22 gol in 30 partite, si è accasato al Manchester United per 30 milioni. Depay è un’ala moderna, destro di piede che gioca a sinistra, dotato di un ottimo dribbling e di un gran tiro dalla distanza, inoltre la sua rapidità e la sua potenza (nonostante non sia altissimo) gli permettono anche di ricoprire il ruolo di seconda punta. Certamente il ragazzo a 20 anni non ha ancora la maturità giusta per prendersi sulle spalle una nazionale e portarla al prossimo europeo, ma sicuramente è sulla buona strada; lo dimostra la scelta di indossare la maglia numero sette con il suo club, un numero storico dalle parti di Old Trafford. Indossata da Best, Cantona, Beckham, Cristiano Ronaldo, vedremo se porterà fortuna anche a Memphis che intanto all’esordio con la maglia dello United ha messo subito a segno una bellissima ed importantissima doppietta, che ha portato i Red Devils alla fase a gironi della Champions.
Per gli Orange si prospettano due partite infuocate da dentro o fuori, la crisi è più nera che mai, ma una volta così in basso si può solo risalire e gli olandesi lo sanno bene, staremo a vedere. Certo è che se il lavoro dei settori giovanili continua su questo ritmo e con questa qualità l’Olanda ha poco da temere, il futuro sarà dei più rosei, Memphis docet.