Ci eravamo illusi, sedotti dall'atmosfera di due giornate corse sul filo di risultati e successi. L'impresa della Roma a Manchester, la gara giocata a viso aperto dalla Juventus con l'Atletico. Per un attimo la Champions non era parsa l'inferno consueto, ma un accomodante salotto. L'Italia di nuovo protagonista nel calcio che conta, in evidente progresso rispetto alle recenti apparizioni. La terza tornata giunge ad aprirci gli occhi, a ricordarci lo stato di salute attuale del nostro calcio. Pecchiamo in mentalità e in tenuta atletica. La Roma sceglie di dare del "tu" al Bayern di Guardiola, quasi portandosi con cupidigia al livello dei tedeschi, ed esce travolta dal frullare continuo di Robben, Goetze, Muller, Ribery. La Juve ad Atene torna per un attimo contiana, cede un tempo o più all'Olympiakos, squadra tecnicamente modesta, ma ben messa in campo.
Due sconfitte, diverse per proporzioni, diverse per forze in campo, entrambe pesanti. Restano aggrappate alla qualificazione le compagini azzurre, anzi la Roma, colpita da sette frecciate, è addirittura in seconda piazza davanti al City, come sempre modesto in Europa, di Pellegrini. I giallorossi hanno il potere di determinare il futuro, molto dipenderà dalla sfida dell'Olimpico con gli inglesi. I bianconeri possono contare su un girone che, Atletico a parte, racchiude scarsa quantità di talento. Due partite su tre da giocare allo Stadium, due vittorie per archiviare il discorso.
I galattici completano il quartetto che ambisce alla Coppa più bella. Da campioni conducono il trenino a cui si accodano in ordine sparso il Bayern di Guardiola, sette alla Roma come detto, il Barcellona di Messi, reso impenetrabile da Luis Enrique - sabato per palati fini va in scena il clasico - e il Chelsea del serioso Mourinho. Il portoghese pensa alla gara con il Manchester e vara il turnover, attacca le Nazionali, si preoccupa per Diego Costa, ma continua a triturare ogni avversario. Sei gol al Maribor, una corsa senza freni in Premier, la chiara mano del secondo anno di Josè.