Il Brasile ci ha provato, cavalcando la spinta emozionale di un popolo, volando sull'entusiasmo di colori e musiche. Ma il Mondiale è scappato via, la speranza del sesto titolo nel giardino del Maracanà sfumata, durante Brasile - Colombia. L'urlo di Neymar è stato l'urlo della resa. Il figliol prodigo piegato come immagine di una Nazione in ginocchio. Non può dirlo Felipao, ma quel segno era il segno del destino. Una frattura alla terza vertebra lombare, le voci di un recupero miracoloso, la realtà distante anni luce dalla fantasia. Senza Neymar, la gioia ha lasciato il posto alla monotonia. La classe alla paura.
Torna a parlare Neymar, raccontando delusione e infortunio. Da profeta, trascinatore, Messia, a stella seduta. Costretto forzatamente a guardare la storia tedesca distruggere l'illusione verdeoro "Quello che è accaduto è inspiegabile. Non hanno spiegazioni i giocatori che hanno corso e giocato, figuriamoci io... Non c'è spiegazione. Zuniga mi ha chiamato nei giorni successivi per chiedermi scusa e per dirmi che non voleva farmi del male. Accetto le sue scuse, ma non posso considerare quella un'azione normale. Io ero di spalle, non dico che voleva farmi del male ma sicuramente quello che è accaduto in campo non è stato normale. Ringrazio Dio che mi ha aiutato, perché se quel colpo fosse arrivato qualche centimetro più giù avrei rischiato di restare paralizzato".
Diverso Neymar, anche di fronte alla stampa. Mentre il Brasile abbandona Scolari, vittima delle sue stesse idee, Neymar si schiera col tecnico, allontanando le feroci parole del suo agente "Scolari deve rimanere, non sono d'accordo con quello che ha detto il mio agente Ribeiro. Soltanto mio padre può parlare a nome mio. Sicuramente se adesso incontrassi Ribeiro lo insulterei e gli direi chiaramente che non condivido quello che ha detto su Scolari. Che, ripeto, merita di restare"
Piange Neymar. Dal guascone che irride gli avversari al ragazzo triste che vede spezzarsi il suo disegno iridato. Grande, anche nella sconfitta.